Li ha mandati Draghi, è colpa degli americani. Aveva sorpreso, fatto indignare o deridere la vicenda dei 20 obici non funzionanti che l’Italia ha consegnato a Kiev. Dopo tre giorni di silenzio da che il Fincial Times aveva rivelato la notizia interviene direttamente il Ministero della Difesa che non la nega ma minimizza la portata dell’incidente che aveva fatto il giro del mondo. Se non altro perché Zelensky, in vista della controffensiva che proprio oggi dichiara “imminente”, aveva fatto decine di appelli all’Occidente per avere (presto) sistemi d’arma efficienti. Secondo il secondo il Kyivpost, cioè la stampa ucraina di lingua inglese, “sono stati già riparati, e sono operativi sul campo di battaglia”.
Che la partita di semoventi M109L non funzionasse non sorprendere più di tanto la nostra Difesa che mette le mani avanti e i puntini sulle “i”, attribuendo ad altri la responsabilità: il governo precedente per la scelta, gli Stati Uniti per la manutenzione. “Sono mezzi datati, che non erano in uso in Italia — dicono fonti del ministero —, ma proprio per questo prima dell’invio sono stati affidati, per la manutenzione, a una ditta statunitense per rimetterli in condizioni di funzionare. Potrebbe essere stato proprio nel passaggio della manutenzione il problema. In ogni caso gli invii dall’Italia, le cui liste sono state compilate già dal governo precedente, contano un centinaio di mezzi”.
L’M109 è stato tra i sistemi di artiglieria più diffusi all’interno dell’Alleanza atlantica durante la Guerra Fredda. Sembravano destinati al pensionamento ma sono stati richiamato dal servizio dopo il crollo dell’Urss. Nel 2002 l’Italia ha trasferito tutti i suoi semoventi nel colossale deposito di Lenta, in provincia di Vercelli, dove sono stati accumulati quasi tremila mezzi corazzati. Il governo Draghi voleva contribuire in ogni modo a rafforzare l’artiglieria ucraina, recuperando gli M109L, oltre a sei PZH2000, più recenti. che erano abbandonati da oltre venti anni all’aria aperta in un territorio umido.
L’Italia, che dispone di 221 M109L, equipaggiati con un cannone da 155 mm/39 di produzione italiana li ha spediti perché nonostante l’età sono un sistema d’arma in grado di sparare trai 24 e i 30 chilometri di distanza. Come riporta Repubblica, l’accordo prevedeva di fornirne sessanta, ma per rimettere a posto gli apparati meccanici erano necessari kit provenienti dagli Stati Uniti. Si è deciso allora di effettuare una revisione parziale dei primi venti M109L per poi trasferirli in Ucraina a settembre, dove tecnici locali avrebbero poi installato le componenti americane.
Tuttavia, le parti statunitensi non sono mai arrivate o si sono dimostrare incompatibili con la versione italiana dell’arma, non è chiaro. Ma è sicuro che i cannoni sono rimasti per mesi fermi e ora, pare, torneranno indietro, per completare i lavori necessari in officina, in Italia o in Belgio. La revisione degli altri quaranta M109L è stata portata a termine in Italia, ma si è dovuto aspettare che i pezzi necessari venissero costruiti ex novo: i semoventi sono cominciati a partire solo dopo Pasqua, come dimostra un video di un convoglio filmato alla stazione ferroviaria di Udine.