Amnesty International ha lanciato un appello globale al procuratore generale dell’Iran, Mohammad Jafar Montazeri, chiedendogli di avviare immediatamente indagini indipendenti e approfondite sull’avvelenamento di migliaia di studentesse, con l’obiettivo di consegnare alla giustizia chiunque sia sospettato di esserne responsabile.
Dal 30 novembre 2022, quando sono stati segnalati i primi attacchi nelle scuole di Qom. migliaia di studentesse sono state avvelenate da gas tossici nelle scuole di ogni parte dell’Iran e ricoverate in ospedale. Sono state prese di mira più di 100 scuole, alcune delle quali più di una volta, per un totale di oltre 300 attacchi.
Tosse, difficoltà respiratorie, irritazione al naso e alla gola, palpitazioni, mal di testa, nausea, vomito e intorpidimento degli arti sono i sintomi più comuni. A seguito di questi attacchi, molte famiglie hanno ritirato le loro figlie dalle scuole. Nonostante secondo i dati ufficiali 13.000 studentesse abbiano avuto bisogno di cure mediche, il ministro della Salute ha dichiarato che non ci sono “prove concrete” che le studentesse siano state avvelenate e ha aggiunto che “più del 90% dei problemi di salute è stato causato da stress o è stato inventato”.
Tutto lascia pensare, al contrario, che quella degli avvelenamenti sia una campagna coordinata per punire le studentesse per la loro pacifica partecipazione alle proteste scoppiate a partire dalla metà dello scorso settembre.
Nel febbraio 2023 giornalisti indipendenti fuori dell’Iran hanno riportato la storia di una bambina di 11 anni morta dopo essere stata avvelenata nella sua scuola a Qom, ma le autorità hanno smentito la notizia. Anche i genitori della bambina hanno fatto riferimento a malattie pregresse, ma resta il dubbio che abbiano subito pressioni per confermare la narrazione ufficiale.
Amnesty International ha ricevuto informazioni credibili su un protocollo del ministero della Salute che ordina al personale medico di attribuire i sintomi causati dagli attacchi col gas a problemi di “stress”.
Le autorità hanno anche arrestato un giornalista che aveva riferito sugli avvelenamenti e ne hanno convocati molti altri per interrogatori. Non aver fermato gli avvelenamenti ha generato crescenti critiche da parte dell’opinione pubblica e le proteste sono state affrontate dalle autorità con le consuete misure repressive.
A marzo le proteste organizzate dai sindacati degli insegnanti sono state disperse in modo violento. Nello stesso periodo sono circolati video che mostravano agenti delle forze di sicurezza in borghese e in uniforme mentre aggredivano la madre di una vittima, fuori da una scuola a Teheran.
Il 15 aprile a Shahin Shahr, nella provincia di Esfahan, le forze di sicurezza hanno sparato gas lacrimogeni contro genitori, insegnanti e manifestanti che si erano radunati davanti all’edificio del dipartimento dell’Istruzione della città per protestare contro gli avvelenamenti.
Per fare luce su questa situazione, Amnesty International ritiene necessaria una visita in Iran di una delegazione indipendente che comprenda il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Iran, il Relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto all’istruzione, il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne e le ragazze, il Relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto alla salute e rappresentanti del Comitato delle Nazioni Unite per i diritti dell’infanzia.