Preoccupante dato per l’inflazione italiana ad aprile che torna a salire dopo la frenata del mese precedente. I prezzi al consumo sono saliti dell’8,3% rispetto all’anno prima e dello 0,5% su marzo 2023. In marzo il tasso di inflazione si era collocato al 7,6%. Lo rileva l’Istat. L’accelerazione è dovuta soprattutto all’aumento su base annua dei prezzi dei beni energetici non regolamentati (da +18,9% a +26,7%). L’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, resta stabile a +6,3%. Più l’inflazione cresce più i salari perdono valore effettivo.
Il “carello della spesa”, ossia il sotto indice Istat che include i ben a più alta frequenza d’acquisto come alimentari, per la cura della casa e della persona, costa oggi il 12,1% in più di un anno fa. Per comprare gli stessi prodotti per cui un anno fa si spendevano 100 euro oggi se ne pagano 112. Il dato segna un leggero rallentamento rispetto al + 12,6% di marzo. Per abitazione, acqua, elettricità e combustibili si registra un calo congiunturale dei prezzi dello 0,3% e un aumento tendenziale del 16,9%, per i prodotti alimentari e le bevande analcoliche si registra un aumento dei prezzi dello 0,7% congiunturale e del 12,6% sull’anno. L’inflazione acquisita per il 2023, ossia quella che si registrerebbe a fine anno con variazioni nulle nei prossimi mesi, è pari ora al +5,4%.
La Banca centrale europea ha rimarcato come sul carovita stia incidendo in modo significativo un’inflazione da profitti, ossia molte aziende stanno alzando i prezzi in misura maggiore rispetto ai costo, incamerando profitti ma affossando il potere di acquisto degli stipendi. Difficile che il mini taglio al cuneo fiscale deciso ieri dal governo, che si concretizzerà in un incremento medio degli stipendi di 15 euro al mese, porti un qualche sollievo a famiglie vedono i prezzi in misura ben più significativa. Nonostante tutto il governo Meloni ha invitato a moderare le richieste salariali per evitare una spirale prezzi-stipendi di cui, al momento, non vi è traccia.
La ripresa dell’inflazione interessa tutta la zona euro dove pure il dato è del 7%, ossia al di sotto di quello italiano, in lieve rialzo rispetto al 6,9% registrato a marzo. Lo riferisce Eurostat nella sua prima stima flash. Si tratta del primo rialzo dell’inflazione dopo la discesa iniziata nel novembre scorso dai livelli record toccati nel 2022. In Germania il carovita scende dal 7,4% al 7,2%, in Francia sale dal 6,7% al 6,9% e in Spagna dal 3,1 al 3,8%. Il dato italiano è il più elevato tra le principali economie della zona euro.
Secondo i dati raccolti e diffusi dall’ufficio di statistica europeo, ad aprile alimentari, tabacco e alcolici si sono confermati la principale componente a guidare l’andamento dell’inflazione, sebbene l’incremento dei prezzi nel comparto sia sceso al 13,6% rispetto al 15,5% di marzo. Seguono i beni industriali non energetici (6,2%, rispetto al 6,6% a marzo), e i servizi (5,2%, rispetto al 5,1% di marzo). Inversione di tendenza invece per i prezzi dell’energia, che ad aprile sono tornati a salire, facendo registrare il 2,5% rispetto al -0,9% del mese precedente. L’inflazione core, che esclude i prezzi dell’energia e dei generi alimentari, è scesa leggermente al 5,6%. Sono dati che dovrebbero indurre la Banca centrale europea a continuare ad agire in modo deciso sul rialzo dei tassi. Questo il motivo per cui, subito dopo la diffusione del dato, le borse europee sono rimaste negative.
In questo quadro arriva, piuttosto surreale, la nota di Confcommercio, l’organizzazione dei negozianti. “La ripresa dell’inflazione registrata nel mese di aprile, pur consolidando i timori di un percorso di rientro non privo di ostacoli e non immediato, non va letta con eccessivo allarme”, afferma la Confcommercio in una nota sottolineando che “il dato italiano si inserisce in un contesto europeo in cui il rallentamento delle dinamiche inflazionistiche, seppure avviato, mostra analoghi elementi di difficoltà, con temporanee interruzioni e andamenti non omogenei tra paesi”.