È il dicembre 2019, Rfi pubblica un concorso per il ruolo di capostazione, nei mesi successivi porta a termine le selezioni e, solo dopo le visite mediche decide di escludere una delle persone selezionate perché affetta da diabete. Una “condotta discriminatoria” come l’ha definita la Corte d’appello di Genova lo scorso 22 aprile, confermando una sentenza analoga di primo grado emanata lo scorso anno.
Ora le Ferrovie dovranno assumere Chiara Ibatici, 31 anni, laureata in Storia dell’Arte, già addetta alle vendite e istruttrice di fitness. “Quello della mia assistita è il profilo di una persona che gestisce perfettamente la sua malattia – spiega l’avvocato Michele Nannei, a sua volta affetto da diabete di tipo 1 – nell’escluderla l’azienda non teneva conto dei risultati degli stessi esami che le aveva fatto e soprattutto dei passi avanti fatti negli ultimi 50 anni nella gestione della patologia”.
Oggi, soprattutto grazie ai microinfusori insulinici, le persone affette da diabete di tipo 1 possono gestire la malattia senza rischiare crisi ipoglicemiche: “Ho fatto ricorso perché ero certa di essere nel giusto – spiega Chiara – ma ora credo sia importante rendere pubblica la mia storia anche per incoraggiare chi, nelle mie stesse condizioni, si fa intimidire o arriva a rinunciare ai propri obiettivi a causa di limiti non dovuti alla malattia ma a ostacoli esterni ingiustificati”.
Per Michele Nannei, che è anche consigliere nazionale dell’associazione Italiana Diabetici (Fand), “la sentenza fissa un precedente importante, non solo perché ribadisce alle imprese che non possono discriminare una persona perché diabetica (cosa che si sperava fosse già evidente), ma anche perché evidenzia che la persona è idonea in quanto il suo diabete è controllato con il microinfusore, e questo è un richiamo importante alle istituzioni, visto che non tutte le regioni d’Italia garantiscono lo stesso livello di cure”.
La speranza di Chiara e del suo avvocato, e con loro delle associazioni di pazienti affetti da diabete, è che questa sentenza possa spingere anche le istituzioni a fare la loro parte, per consentire pari opportunità e qualità di vita ai malati indipendentemente dalla città di residenza: “Mentre oggi, a pari malattia, in base alla regione di residenza si trovano più o meno ostacoli a godere di un livello di assistenza adeguato e questo può incide pesantemente sulla qualità della vita dei pazienti”.