Il video di Meloni sul Decreto lavoro? Noto che la sua comunicazione si sta berlusconizzando. Sul Consiglio dei ministri convocato il primo maggio, non voglio neppure usare le parole che mi vengono in mente. Vogliono dare l’idea che loro il primo maggio lavorano e gli altri fanno festa, ma mica gli italiani sono deficienti. Tu il Cdm puoi anche farlo il giorno prima. L’idea che questi qui si mettano a lavorare e che non riescano nemmeno a riposarsi il primo maggio è abbastanza infondata”. Così, ai microfoni di Radio Radicale, Pier Luigi Bersani commenta il video-spot diffuso dalla presidente del Consiglio sui social lo scorso primo maggio, analizzando al contempo le falle del Decreto lavoro approvato dal suo governo.

“La cosa che colpisce del decreto – osserva Bersani – è la considerazione che questo governo ha della povertà. È una cosa incredibile togliere 3 miliardi nel momento in cui nel paese sta crescendo la povertà assoluta. Ed è in controtendenza rispetto a tutta l’Europa. Se guardiamo all’interno di quel provvedimento, potremo dire che noi qui siamo platonici, perché si parla di ‘occupabili’. In Europa invece sono aristotelici, perché li chiamano ‘disoccupati’. Fa una bella differenza”.

L’ex deputato di Leu pone l’accento sul grande problema che attanaglia l’Italia: “Abbiamo un’inflazione che è difficile domare e che sta segando il potere d’acquisto in modo evidente a tutta la massa salariale. Stiamo viaggiando con dei tagli che vanno dal 7% al 10%, che tra l’altro corrispondono a tagli sui sistemi di welfare. Guardiamo cosa sta succedendo nella sanità pubblica, che ha un taglio reale di quell’ordine – spiega – In più, stiamo andando incontro a una stretta nei prossimi mesi, c’è poco da fare. Quindi, devi andare verso un approccio strutturale, cioè devi dire che chi ha di più deve dare di più e a chi è più nei guai devi dare una mano. Sarebbe ora che il governo convocasse le parti per rinnovare i contratti o per realizzare delle soluzioni ponte significative”.

Bersani sottolinea: “Ma possiamo andare avanti con scelte come quella della flat tax e dei condoni? Non possiamo andare avanti così. Si sta arrivando a un punto in cui non è più sopportabile che l’Irpef venga pagata solo da un pezzo di questo paese, ovvero dai lavoratori e dai pensionati. Guardate che di questo passo torna attuale quello che lanciò Pannella nel 2000 con la proposta di referendum sull’abolizione del sostituto d’imposta. Attenzione – avverte l’ex parlamentare – perché se passa l’idea che non interessa l’evasione dei 90 miliardi, ne facciamo 180. Qui si sta sottovalutando largamente questo tema. Il governo dovrebbe forzare un po’ questa situazione e pensare a delle misure strutturali anche dal lato fiscale. E dovrebbe prendere i soldi dove ci sono. In una situazione del genere puoi tacitare il tema degli extraprofitti? Stiamo vedendo il bilancio di tante banche, di aziende energetiche e farmaceutiche. Bisogna intervenire più seriamente”.

Altro punto cruciale toccato da Bersani è la precarietà del lavoro: “È un problema completamente sottovalutato dal governo Meloni. Se fossi nella maggioranza dell’esecutivo, chiederei all’Istat i dati sulle ore lavorate. Ieri addirittura la ministra del Lavoro ha detto che non c’è da preoccuparsi del fatto che venga un po’ liberalizzato il passaggio dei contratti precari da un anno a due anni, perché quelli che superano un anno sono solo il 3%. Peggio mi sento, no? – continua – Vuol dire che il 97% dei contratti dura meno di un anno e in questa percentuale circa il 40% dei contratti ha una durata inferiore al mese. E questo riguarda quasi totalmente la nuova generazione, alla quale si chiede di fare dei figli. Ma vogliamo scherzare? Questi sono i temi che andrebbero presi in mano adesso”.

Bersani osserva amaramente: “La verità, ragazzi, è che questa non è una destra sociale, né una destra liberale. Mettiamoci in testa che questa è una destra gerarchica e corporativa secondo le antiche tradizioni della destra italiana. Guardate come sta trattando le stigmatizzazioni sui reati penali: qui si minaccia di dare 6 anni di carcere a uno che ti frega meno di 350 euro – prosegue – e si stanno abbonando quelli che non versano l’Iva per centinaia di milioni di euro. Questa è gerarchia sociale. Ed è una destra corporativa perché fa un fisco per categorie, che inevitabilmente porta a un welfare per categorie. Di questo passo arriviamo a un fisco corporativo e alle mutue”.

L’ex ministro dello Sviluppo Economico infine dà un consiglio ai sindacati: “Oggi la questione cruciale è quella dei redditi, dei salari e del fisco. Se i sindacati affondano il colpo su questo, ne vedremo delle belle“.

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