Gli Stati Uniti tornano a fare affari in Libia. Il paese nordafricano è infatti ora visto da Washington come un ambiente praticabile per le imprese statunitensi per operare con una ragionevole sicurezza e investire in modo più prevedibile di quanto non era fino a qualche mese fa. Lo scorso 26 marzo le multinazionali americane Halliburton e Honeywell hanno quindi concluso due accordi per lo sviluppo, rispettivamente, di un giacimento petrolifero nella Libia centrale, e la costruzione di una raffineria di petrolio nel sud-ovest, vicino alle aree dove sono schierati i mercenari russi della compagnia Wagner. Questo fatto è stato interpretato dagli esperti come un desiderio degli Stati Uniti di rafforzare la propria influenza economica nel Mediterraneo meridionale per compensare le esportazioni di petrolio russo verso l’Europa. Washington non vuole infatti lasciare il settore petrolifero nordafricano in balia di Mosca, soprattutto alla luce dello scoppio della guerra civile in Sudan, dove il gruppo Wagner e il comandante dell’Esercito Nazionale Libico Khalifa Haftar, secondo le indiscrezioni di esperti e media, sono alleati a sostegno delle Forze di Supporto Rapido del generale Mohamed Hamdan Dagalo.
La “guerra energetica” tra Usa e Russia
Secondo quanto riporta il Wall Street Journal, le società petrolifere americane Halliburton e Honeywell hanno concluso accordi per un totale di 1,4 miliardi di dollari con la National Oil Corporation libica (Noc). La Halliburton si occuperà dello sviluppo del giacimento petrolifero di Al-Zahr nel governatorato di Sirte, per un valore di un miliardo di dollari, mentre la Honeywell costruirà una raffineria di petrolio nel sud-ovest per un valore di 400 milioni di dollari. Al-Zahr è il primo giacimento petrolifero in quantità commerciali scoperto dalla al-Waha Company, una sussidiaria della Noc, alla fine degli anni Cinquanta. Il giacimento è stato però sabotato dall’Isis nel 2015, quando quest’ultima controllava il governatorato di Sirte e le aree adiacenti, e le sue condizioni attuali non lasciano quindi alla Libia ampi margini per imporre le proprie condizioni alle compagnie straniere, soprattutto americane, molte delle quali si erano ritirate dai mercati nordafricani per concentrarsi sull’estrazione del cosiddetto “shale oil” in Nord America. Il progetto della Honeywall prospetta invece la produzione di circa 30mila barili al giorno di greggio che saranno raffinati per produrre gas da cucina, carburante per aerei e altri prodotti, oltre a 1,4 milioni di litri di benzina e 1,1 milioni di litri di gasolio al giorno. La raffineria di petrolio risolverebbe quindi la crisi di carburante nel sud della Libia, abitata dalle tribù Tuareg e sotto il controllo delle forze orientali guidate da Khalifa Haftar e dove Wagner ha una forte influenza, con intricate alleanze con i gruppi ribelli ciadiani. La Noc ha poi anche stipulato un contratto con la Kearney, una delle più grandi multinazionali statunitensi di consulenza strategica, per attuare il piano della società nordafricana per riportare la Libia tra i ranghi dei principali paesi produttori di energia al mondo.
La guerra dei barili
L’obiettivo principale di Washington è però anche quello di limitare il più possibile l’ingerenza russa in Libia, e nell’intera area del Nord Africa in generale, e questo spiega gli investimenti in aree dove Mosca esercita una forte influenza dal 2015. Gli Stati Uniti cercano infatti di spingere i paesi produttori di petrolio e gas (e quindi la Libia) ad aumentare la loro produzione e le esportazioni verso il continente europeo per compensare la carenza di forniture di carburante dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. La disponibilità della domanda di petrolio nel mercato europeo ha incoraggiato le compagnie americane ad assumersi dei rischi investendo nel settore petrolifero libico, che sta registrando una relativa stabilità, soprattutto dopo la nomina di Farhat Bengdara a capo della Noc. Lo scorso marzo, la direttrice dell’Ufficio del Nord Africa del Dipartimento di Stato Usa ha infatti ricevuto a Washington Bengdara per rafforzare la collaborazione tra la Noc e gli Usa volta ad attuare una strategia di rafforzamento delle capacità e aumento della produzione di petrolio e gas di Tripoli. Gli Stati Uniti però chiedono con forza l’allontanamento, soprattutto da parte del signore della guerra Khalifa Haftar, dalla Russia e dal gruppo Wagner. Il 27 aprile Barbara Leaf, la Sottosegretaria di Stato Usa per gli affari del Vicino Oriente, ha avuto una conversazione telefonica con il generale Haftar nella quale ha sottolineato “l’urgente necessità di impedire ad attori esterni, incluso il gruppo russo Wagner sostenuto dal Cremlino, di destabilizzare ulteriormente la Libia o i suoi vicini, compreso il Sudan”.
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