Trucidò con un martello e con una panchina l’ex fidanzata dopo aver visto una foto sui social e per lui è stata disposta la perizia psichiatrica. È cominciato così davanti alla Corte di assise di Bologna, presieduta dal giudice Domenico Pasquariello, il processo a Giovanni Padovani, 27enne ex calciatore, accusato dell’omicidio dell’ex fidanzata Alessandra Matteuzzi, 56 anni, aggredita, il 23 agosto 2022 sotto casa, in via dell’Arcoveggio. I giudici hanno accolta l’istanza della difesa per accertare la capacità di stare nel processo e di intendere e di volere al momento del fatto di Padovani nominando un collegio composto da uno psichiatra, Pietro Pietrini, e un testista, Giuseppe Sartori. Dalle indagini era emerso che l’uomo aveva fatto delle ricerche sui motori di ricerca su come “stordire” e su come rendere difficile ritrovare un cadavere.
Il conferimento dell’incarico, con formulazione dei quesiti, sarà fatto nell’udienza del 22 maggio. La Procura non si era opposta e neppure gli avvocati di parte civile, Antonio Petroncini e Chiara Rinaldi, pur rilevando che a loro avviso non ci sono dubbi sulla capacità dell’imputato. “Mi sento male, ma almeno oggi è cominciato il processo e lo aspettavo da tanto. Io voglio giustizia – ha detto Stefania Matteuzzi, sorella di Alessandra – Se hanno ritenuto giusto farla va bene, non ho paura che questo rallenti il processo. Era lucido quando ha ucciso mia sorella ed è lucido ora. Ringrazio tutti quelli che sono stati vicini e sono ancora vicini a mia sorella”.
Padovani non era presente in aula, ma ha inviato una nota dal carcere in cui ha spiegato che rinuncia a comparire. C’era invece sua madre, in disparte. La Corte di assise, dopo una camera di consiglio di poco più di mezz’ora, ha ammesso come parte civile nel processo, oltre ai familiari della vittima, il Comune di Bologna e altre quattro associazioni: Casa delle donne, Mondo donna, Udi, e Sos donna. Nell’aula, gremita di persone, tra conoscenti della vittima e attiviste, ma anche studenti e altri cittadini, era presente, in fascia tricolore, la vicesindaca Emily Clancy, così come il sindaco Matteo Lepore, arrivato poco dopo. “Sono qui per dimostrare la vicinanza del Comune di Bologna alla famiglia di Alessandra Matteuzzi. È un caso che ha scosso le coscienze di tutti noi. La città si è stretta più volte attorno alla famiglia con cortei e presidi – ha detto Clancy a margine dell’udienza – anche questa mattina con i centri antiviolenza e le associazioni femministe. Siamo qui a testimoniare ancora una volta solidarietà e vicinanza”. La Procura era presente con il procuratore aggiunto Lucia Russo e il pm Francesca Rago. All’imputato sono contestate quattro aggravanti: premeditazione, futili motivi, stalking e legame affettivo. I giudici, hanno poi limitato l’autorizzazione per le riprese televisive alla discussione finale delle parti e ai primi cinque minuti delle udienze, “a scopo di documentazione”, ritenendo “che l’interesse sociale alla conoscenza degli eventi del dibattimento possa essere adeguatamente soddisfatto dalla presenza all’udienza pubblica dei giornalisti interessati”.