Cinema

Cannes e la nostalgia cinema made in Usa, ora anche la Palma d’oro alla carriera a Michael Douglas

di Davide Turrini

Douglas Instinct. Il Festival di Cannes fa filotto di nostalgia e di storia del cinema made in Usa. Dopo essere diventato la pista di atterraggio di Top Gun: Maverick, aver lasciato carta bianca al franchise di Indiana Jones, nonché ad aver lasciato un assegno in bianco al Ritz per Tarantino e Scorsese, ecco che arriva pure una Palma d’oro alla carriera che ha il sapore vintage degli anni ottanta/novanta. Il 78enne Michael Douglas, figlio del compianto Kirk, aprirà le danze sulla Croisette il 16 maggio prossimo ritirando un premio che sta diventando, nella guerra aperta con Venezia, importante tanto quanto la consegna di Palma e Leone d’Oro.

La Generazione Z lo individua facilmente nel dottor Hank Pym della serie Marvel di Ant Man. Ottima entrata per rimpinguare le casse di famiglia, anche se il vero Douglas, il sex symbol del cinema statunitense, poi malato privatamente di sesso con tanto di clinica di “disintossicazione”, centra in nemmeno otto anni dal 1984 al 1992 una serie di personaggi e di film che fanno la storia dell’intrattenimento e lo rendono icona persino a tratti sostitutiva di papà Kirk. Parliamo del dittico avventuroso All’inseguimento della pietra verde e Il gioiello del Nilo (84-85), nel 1987 è il protagonista sia di un thriller rapsodico e popolarissimo come Attrazione fatale dove fa il marito fedifrago: tradimento che paga amaramente subendo la violenta vendetta della pazza Glenn Close. È poi lo spietato broker Gordon Gekko in Wall Street di Stone che gli valse l’Oscar come miglior attore.

Un attorucolo di bell’aspetto di oggi, mascellone volitivo, charme nello sguardo e spalle da rugbista si sarebbe già accontentato. Invece Douglas splendido 45enne nel 1989 interpreta ancora una volta un marito insolente e sulfureo (lo è altrettanto sua moglie Kathleen Turner) nel memorabile La guerra dei Roses e poi gigioneggia tra motociclette e botte da orbi ai criminali giapponesi a Tokyo come poliziotto ambiguo ma coraggioso in Black Rain di Ridley Scott. Non pago, eccolo nel cult supremo di ogni cultore della materia thriller erotico: è il detective Nick Curran di San Francisco che tiene testa a Sharon Stone/Catherine Tramell, scrittrice ninfomane e misteriosa accusata di un brutale omicidio in Basic Instinct. Certo durante un interrogatorio ad accavallare le gambe mentre sotto non indossa le mutande non è Douglas ma la Stone, eppure il tocco da mento all’infuori così identico a quello paterno sbuca sinuoso anche qui.

Tempo dell’ingegnerino disoccupato che impazzisce in mezzo a traffico in Un giorno di ordinaria follia e a Douglas, oramai cinquantenne, rifilano solo classici ruoli da filmetto alla Sundance (King of California, Wonder boys) o doppioni estenuanti dei grandi classici della sua planetaria affermazione (The Game a Don’t say a word). “È sempre una boccata d’aria fresca essere a Cannes, una meravigliosa piattaforma di eccellenza per artisti coraggiosi”, ha dichiarato Douglas rispondendo all’invito della Croisette. “Dalla mia prima volta qui nel 1979 per Sindrome Cinese alla mia più recente premiere per Dietro i candelabri nel 2013, il Festival mi ha sempre ricordato che la magia del cinema non è solo in ciò che vediamo sullo schermo, ma nella sua capacità di influenzare le persone in tutto il mondo”. Douglas che esordì al cinema nel 1969, ebbe modo di dedicarsi anche alla produzione (Qualcuno volò sul nido del cuculo, L’uomo della pioggia) e oltre alle partecipazioni citate nella dichiarazione ufficiale non va dimenticato che nel 1992, il 7 maggio, fu proprio il “caso” Basic Instinct di Paul Verhoeven ad aprire Cannes tra mille polemiche e scandali. Il 1992 fu l’anno del Gran Premio della Giuria a Il Ladro di Bambini di Gianni Amelio, nonché la vetrina di un altro film il cui autore fece molto parlare di sé: Le Iene.

Foto dall’account Facebook di Michael Douglas

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