Non ci sono solo i ritardi, che complicano l’ottenimento della quarta rata da 16 miliardi di euro. O il completo mistero sullo stato di attuazione del piano. Per non parlare del pasticcio della piattaforma, Regis, con cui gli enti attuatori devono rendicontare i lavori in corso ma faticano a farlo, o della beffa sul personale da assumere. I Comuni si trovano – ancora – a dover anticipare i soldi per poter finanziare i progetti del Pnrr. Ma specialmente quelli sotto i 5mila abitanti (destinatari di 70mila progetti su 171mila) non riescono, perché non hanno liquidità, nelle proprie casse, e non possono accedere a ulteriori mutui. E questo succede dopo che il decreto legge voluto dal governo guidato da Giorgia Meloni è approdato in Parlamento ed è stato modificato. E succede nonostante le rassicurazioni del ministro competente, Raffaele Fitto, secondo cui “il governo non vuole aprire polemiche, stiamo risolvendo i problemi” e nonostante la circolare della Ragioneria dello Stato, che apre ad anticipazione di cassa, da parte del Mef, “superiori al 10%”. La denuncia, questa volta, arriva dall’Uncem, l’Unione nazionale Comuni enti montani. Ma andiamo con ordine.
SOLO MAGGIORE CONFUSIONE – Il decreto legge licenziato da Palazzo Chigi prevedeva che la sola “amministrazione centrale titolare degli interventi” fosse legittimata “a richiedere l’erogazione dell’anticipazione” al ministero dell’Economia. Ora, con la modifica dell’articolo 6 (Semplificazione delle procedure di gestione finanziaria Pnrr) si salta un passaggio: sono i singoli soggetti attuatori (in questo caso, i Comuni) a poter richiedere i finanziamenti prima dell’avvio dei cantieri “con espressa motivazione” sentite, però, ” le amministrazioni centrali titolari degli interventi Pnrr su cui i progetti insistono”. Ma la sostanza, per i Comuni, non è cambiata: finora sono stati costretti ad anticipare i soldi per i loro progetti (addirittura per quelli che non avevano nulla a che fare col Pnrr, ma che sono finiti nel Piano in un secondo momento, con regole diverse rispetto a quelle iniziali); e non è chiaro, dopo la modifica dell’articolo 6, che cosa possa cambiare. La circolare spedita dal Ministero dell’Economia, lo scorso 27 aprile, apre ad anticipazioni “superiori al 10%” ma “in casi eccezionali, debitamente motivati dall’amministrazione titolare dell’intervento, o dal soggetto attuatore”. E questo vale sia per i “progetti in essere” sia per quelli ancora da avviare.
Allo stato attuale delle cose, è il ragionamento dell’Uncem, c’è solo maggiore confusione. Tanto che al momento si va avanti con la “vecchia” procedura. “I Comuni non possono anticipare dalle loro casse le risorse economiche per pagare i lavori del Pnrr – spiega il presidente Marco Bussone – se non arrivano adeguate risorse per pagare le ditte e i progettisti, gli Enti entreranno in una paralisi che di fatto bloccherà l’intero Piano“. Le critiche dell’Uncem sono rivolte anche alla circolare del Mef: “Per come è scritta, rischia soltanto di generare ulteriore caos. Che cosa significa che i Comuni devono motivare le loro richieste? Cioè significa che devono dimostrare di non avere soldi sul conto? E poi perché il Mef ‘può disporre’ le anticipazioni? Se c’è un fondo bisogna scrivere che è accessibile a tutti quelli che ne fanno richiesta”.
“IL PNRR, PER COME È PENSATO, NON FUNZIONA” – Le modifiche fatte dal governo, nella pratica, sono vaghe e non affronterebbero lo stallo. La circolare 19 del 27 aprile, nella parte che tratta le “procedure per l’attivazione delle anticipazioni”, fa riferimento al decreto legislativo n. 50/2016, (Codice dei contratti pubblici). All’articolo 35, comma 18, si parla di “un’anticipazione che può (non ‘deve’) essere incrementata fino al 30%“. “Non è detto che anticipare il 30% dei finanziamenti sia sufficiente – continua Bussone – anche perché poi ciascuna amministrazione deve rendicontare ciò che spende successivamente, insieme allo stato d’avanzamento dei lavori. Qui il punto è: quando ti pagano per i lavori che hai già fatto? Il fatto è che i flussi di cassa del Pnrr non li sta sperimentando nessuno, la spesa dei Comuni è lentissima. E non è una questione politica – sottolinea Bussone – ma di carattere amministrativo“. Per il ministro Fitto il decreto legge risolvere i problemi sollevati sin qui e, in questo senso, la circolare del Mef dovrebbe aiutare i Comuni ad avviare i cantieri (o a pagare le imprese per quelli già avviati). “Abbiamo mandato al suo gabinetto le nostre osservazioni. Sono le stesse che facemmo due anni fa, in audizione. Mi stupisco che ora ci si sorprenda che il Pnrr, così come è stato pensato, non funziona“. Con un rischio che Bussone e, in altre circostanze, l’Anci, hanno sottolineato: molti Comuni saranno costretti a rinunciare a progetti e interventi (spesso fondamentali, come quelli che riguardano la mitigazione dei rischi idrogeologici) perché senza i fondi necessari per realizzarli.
IL CASO GREEN COMMUNITIES – La proposta dell’Uncem è semplice: “Va creato un fondo rotativo di almeno dieci miliardi di euro, al quale i Comuni possono accedere fin da subito, predisposto dal Mef o da Cassa depositi e prestiti. In questo modo si supererebbe lo stallo e le amministrazioni sarebbero in grado di pagare le imprese impegnate nei lavori”. A detta di Bussone, sono decine le lettere che arrivano all’Uncem da parte di Comuni, unioni di Comuni e Comunità montane preoccupate per l’inazione del governo: “L’ultimo grido di allarme è arrivato dalla provincia di Biella, da Zubiena” racconta Bussone. “Ma un altro caso che ci riguarda da vicino e che rischia la paralisi è quello relativo al bando Green Communities. Si tratta di un’iniziativa, finanziata nell’ambito del Pnrr per circa 130 milioni di euro, che ha lo scopo di valorizzare le aree interne con la creazione di comunità sostenibili. Sono coinvolte 35 aree in tutta Italia, in particolare Comuni in forma associata. Lo Stato impone ai Comuni di anticipare il 10% dell’importo complessivo dei singoli progetti. In alcuni casi si parla di 300-400mila euro, soldi che le amministrazioni non hanno e che non possono mettere sul piatto per avviare i lavori”.
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