La pasta “sorvegliata speciale” del governo. Il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, ha dato mandato a Mister Prezzi, Benedetto Mineo, garante per la sorveglianza dei prezzi, di convocare per la prima volta la Commissione di allerta rapida per analizzare l’andamento del costo della pasta.
Il bene, infatti, nell’ultimo periodo è arrivato a costare, in media, 2,13 euro al chilo, come ha denunciato Assoutenti, facendo registrare un aumento nel mese di marzo del 17,5% rispetto all’anno precedente in un contesto caratterizzato invece dalla riduzione del prezzo della materia prima e da dinamiche variabili legate ai costi dell’energia e ad altri fattori di produzione.
La riunione, convocata per il prossimo 10 maggio, sarà la prima tenuta dalla commissione, introdotta con il decreto trasparenza, convertito in legge lo scorso 10 marzo, e formata, tra gli altri, da rappresentanti delle amministrazioni coinvolte, dalle autorità competenti e dalle associazioni di categoria dei consumatori.
Poco prima della convocazione della Commissione, sul tema era intervenuto anche il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. Il ministro durante il question time al Senato ha spiegato che settimanalmente monitora le quotazioni del grano contro la speculazione che “è la prima cosa da contrastare”. “Il nostro intento – ha dichiarato – è riattivare quanto prima la Commissione sperimentale nazionale per il grano duro, non escludendo di procedere alla costituzione di una Commissione Unica Nazionale, per rafforzare il dialogo tra gli attori della filiera e per la formazione di un prezzo condiviso a livello nazionale”.
Assoutenti, che ha lanciato l’allarme sul rincaro dei prezzi, ha espresso soddisfazione per la convocazione della Commissione, definendola “una vittoria”. “Ad aprile abbiamo segnalato al Mimit e a Mister Prezzi alcune anomalie nell’andamento dei prezzi al dettaglio della pasta in Italia”, spiega il presidente Furio Truzzi, membro della Commissione di allerta rapida e promotore della denuncia sul caro-pasta, sottolineando che, secondo il loro dossier, il prodotto ha subito dei rincari che però “non sembrano giustificati dalle quotazioni del grano”. “Ad esempio ad Ancona, città che vanta il prezzo più alto d’Italia, un chilo di pasta costava in media a marzo 2,44 euro, e solo in 12 province i listini di spaghetti, rigatoni, penne ecc. risultavano inferiori ai 2 euro al chilo”, dice ancora. La pasta, d’altronde, è uno degli alimenti più consumati dagli italiani e questo, continua, “incide sulle tasche dei consumatori”, tuttavia, rispetto allo scorso anno, quando l’inizio della guerra in Ucraina aveva provocato uno tsunami sui mercati “la situazione appare diversa, con le quotazioni che, secondo Coldiretti, sono calate del 30% rispetto allo stesso periodo del 2022”.
Anche Codacons ha accolto positivamente la notizia, sottolineando però che sui prezzi della pasta dovrà intervenire anche l’Antitrust, allo scopo di “fare chiarezza sui possibili fenomeni speculativi”, e che per questo è pronto un esposto. “L’Istat, nel dato sull’inflazione di marzo, registra rincari medi per la pasta del 18,2% rispetto allo scorso anno, con ricadute pari in media a +25,5 euro annui a famiglia – spiega il presidente Carlo Rienzi – Aumenti dei listini che, tuttavia, non sarebbero giustificati dall’andamento delle quotazioni del grano. È necessario quindi verificare cosa, nello specifico, determina incrementi così forti dei listini, e se vi siano anomalie sul mercato tese a mantenere elevati i prezzi al dettaglio”.
Più scettica l’Unione Nazionale Consumatori. “Attendiamo fatti – commenta Massimiliano Dona – Urge una riduzione dei prezzi. Temiamo, viste le denunce ripetute fatte nei secoli, che la moral suasion serva molto a poco, anche se ovviamente speriamo di sbagliarci”. Per Dona, finché “la speculazione non sarà definita come pratica scorretta” si avranno “sempre le armi spuntate contro i prezzi troppo alti”. Anche secondo l’Unione Nazionale Consumatori a oggi i rincari non trovano una risposta. I prezzi infatti stanno salendo ininterrottamente da giugno 2021 a marzo 2023, ma “secondo i dati Ismea il frumento duro nazionale da aprile 2022 ad aprile 2023 è sceso del 28,3%, il frumento duro extra Ue addirittura del 34,4%”. Ciò che inizialmente aveva fatto crescere i prezzi, “come i cattivi raccolti in Canada e negli Usa”, sono risolte, e, anzi, addirittura nel 2022 la produzione in Canada è salita del 79,1% rispetto al 2021.
E anche Coldiretti sottolinea che, nonostante in Italia il grano duro per la pasta venga pagato in Italia circa 36 centesimi al chilo, “un valore che non copre i costi di produzione” e che è “inferiore di oltre 30% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno”, il prezzo della pasta “è aumentato il doppio dell’inflazione”. “Una distorsione che appare chiara anche dall’andamento dei prezzi medi al consumo”, specifica l’associazione che auspica una nuova normativa “sulle pratiche sleali” a tutela “delle 200mila imprese agricole che coltivano grano”.