Su Repubblica Valerio entra subito nel cuore della questione e del libro, la malattia della Murgia, oggetto in queste ore di una lunga intervista all’autrice raccolta dal Corriere. C’è un medico che parla di neoplasia di fronte ad una donna ben vestita. “Una nuova formazione. Questa nuova formazione, proprio come la vita stessa, condurrà alla morte della donna”
L’ultimo libro di Michela Murgia contiene “l’unica verità indiscutibile del corpo: cioè che il corpo muore”. Inizia così la recensione del libro Tre ciotole (Mondadori) pubblicata dalla scrittrice, e amica della Murgia, Chiara Valerio, su Repubblica. “La morte non è una notizia, non è nemmeno una cosa solenne, è la verità di ciascuno. Così sia”, continua la scrittrice laziale.
Valerio entra subito nel cuore della questione e del libro, la malattia della Murgia, oggetto in queste ore di una lunga intervista all’autrice raccolta dal Corriere. C’è un medico che parla di neoplasia di fronte ad una donna ben vestita. “Una nuova formazione. Questa nuova formazione, proprio come la vita stessa, condurrà alla morte della donna”, scrive Valerio. “Dove ho sbagliato? si domanda la donna che non fuma ed è vegetariana. ‘Non parlerei di errore’ risponde pronto il medico, ‘siamo esseri sofisticati e gli organismi sofisticati sono più soggetti a fare errori’”.
Questa l’essenza di Tre ciotole, dodici racconti, dodici come i mesi del sottotitolo, dodici come i segni dello zodiaco. Valerio sottolinea come i racconti allo stesso modo della Commedia umana di Balzac o in Akutagawa o nella Woolf, “sono concatenati l’uno all’altro, un personaggio di sfondo nel primo, si fa spazio nel secondo, prende la scena narrativa e la lascia. Questi racconti somigliano cioè alla nostra vita di tutti i giorni”. Valerio precisa inoltre che “la prospettiva narrativa di Michela Murgia, da Accabadora ( 2009) in qua – ma forse si potrebbe cominciare da Il mondo deve sapere (2006) – è sempre stata postumana, anche se prima non usavamo il termine, dicevamo semplicemente “umana”.
L’autrice di La matematica è politica (Einaudi) evoca il concetto e la specificità del rito “per misurare o evocare il tempo, giacché l’umano secerne nostalgia e memoria. E questa non è una verità del corpo, giacché abbiamo già detto quale ci sembra essere l’unica verità che il corpo esprime, è una verità di come ci siamo raccontati e, raccontandoci, evoluti. È, in fondo, una verità dell’amore”. Perciò questo libro di Michela Murgia – conclude – più di ogni altro finora, “è un libro di amore”.