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Scrittore ultranazionalista russo Prilepin fatto saltare in aria insieme alla sua auto. Fermato un uomo: “Ho agito su ordine di Kiev”

Un ordigno posizionato sotto la sua auto è stato fatto saltare in aria ferendo gravemente lo scrittore russo nazionalista pro-Cremlino Zakhar Prilepin. L’attentato, come lo ha definito anche il ministero dell’Interno di Mosca, è avvenuto lungo un’autostrada in una zona isolata a 80 chilometri da Bor, nella regione di Nizhny Novgorod, e a perdere la vita è stato il suo autista. Il governo ha fatto sapere inoltre che un uomo è stato fermato e ha confessato di aver agito “su istruzione dei servizi segreti ucraini”, secondo quanto riporta il Comitato investigativo russo. Nelle ore precedenti, il gruppo Atesh, movimento di partigiani della Crimea che riunisce ucraini, tatari e russi, aveva rivendicato l’azione.

I servizi di emergenza, citati da Interfax, spiegano che “lo scrittore era in viaggio con la famiglia nel villaggio di Pionerskoye, nella regione di Nizhny Novgorod. Durante lo spostamento, l’auto in cui si trovava Prilepin è esplosa. Il conducente è morto, lo scrittore è rimasto ferito ed è stato ricoverato in ospedale. La pista principale è quella della detonazione di un ordigno improvvisato radiocomandato. Saranno prese in considerazione altre versioni, tra cui un malfunzionamento dell’auto”. Per l’attentato sarebbero stati utilizzati 2 chili di esplosivo che hanno provocato un cratere profondo 1,5 metri.

Prilepin è stato trasportato d’urgenza in un ospedale di Mosca nel tentativo di salvargli la vita. Sul posto è stata infatti inviata un’aeroambulanza che lo ha prelevato offrendogli le prime cure d’emergenza, dato che l’uomo sembra essere rimasto gravemente ferito alle gambe. Il governatore della regione di Nizhny Novgorod, Gleb Nikitin, ha fatto sapere che lo scrittore è stato operato con successo e messo in coma farmacologico per un migliore e più rapido recupero. Secondo una prima ricostruzione, la guardia del corpo dello scrittore ha visto alcuni uomini avvicinarsi all’automobile e li ha cacciati: “Si suppone che stessero spiando Prilepin e che abbiano piazzato l’ordigno sotto la sua macchina”, hanno spiegato le autorità.

Nonostante l’atto sia stato rivendicato, Mosca accusa gli Stati Uniti e il Regno Unito di avere “responsabilità diretta”: “Washington e la Nato hanno alimentato un’altra cellula terroristica internazionale, il regime di Kiev. Bin Laden, l’Isis, ora Zelensky e i suoi scagnozzi. Responsabilità diretta di Stati Uniti e Gran Bretagna. Preghiamo per Zakhar”, ha scritto su Telegram la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. Kiev, da parte sua, risponde per bocca del consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak accusando gli stessi russi di essere dietro all’attentato: “Moloch (divinità alla quale si offrivano sacrifici umani) è sempre prevedibile. Non smette mai di masticare. Prima divora i suoi nemici, poi divora persone a caso e infine divora i suoi. Per prolungare l’agonia del ‘clan di Putin’ e per mantenere l’illusorio ‘controllo totale’, la macchina repressiva russa accelera i ritmi e rastrella tutti, compresi (per un dessert particolarmente squisito) gli attivisti Z e V. Alla vigilia del crollo, Mosca sarà estremamente cupa”, ha scritto su Twitter.

A salvarsi solo per un semplice caso è stata invece la figlia dello scrittore ultranazionalista, scesa dall’auto pochi minuti prima dell’esplosione. Una dinamica che ricorda, al contrario, quella dell’attentato che uccise Darya Dugina, figlia del filosofo di estrema destra Alexander Dugin che, al termine di un incontro pubblico al quale aveva partecipato anche il padre, era salita sulla sua auto per tornare a casa venendo travolta dall’esplosione dell’ordigno che vi era stato piazzato.

Prilepin era finito nel mirino delle formazioni nemiche del regime di Putin non solo per le sue dichiarazioni e le sue pubblicazioni: a gennaio si era arruolato nella Guardia Nazionale, come reso noto dal suo ufficio stampa secondo cui l’uomo era già sul campo in Ucraina “per svolgere missioni di combattimento”. Deciso sostenitore dell’invasione, aveva già combattuto in Cecenia nei ranghi dell’Omon, l’unità antiterrorismo della polizia russa. In passato era stato anche consigliere della repubblica separatista di Donetsk.