Dopo l’okay dalla Camera con voto unanime da parte di tutte le forze politiche, si attende il voto in Senato per l’istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta che farà luce sui due casi di sparizione
Roma, 7 maggio 1983: suona il citofono a casa Gregori, in via Nomentana 91. “Chi è? Non ho capito, chi è che parla? Se non mi dici chi sei, attacco subito!”. Poi ci ripensa: “Ah sì… Alessandro… ho capito”. Mirella Gregori scende di casa. “Torno tra poco”, dice alla madre Vittoria che intanto è al lavoro alla sua macchina da cucire. Non tornerà mai più e il suo nome da 40 anni esatti è nel novero di adolescenti romane, risucchiate dal nulla in quegli anni: tra tutte, Mirella Gregori verrà associata per sempre alla cittadina vaticana Emanuela Orlandi, scomparsa un mese e mezzo dopo e mai più ritrovata.
Il primo elemento che incatena il destino delle due ragazze è il Komunicato I, prevenuto nella redazione Ansa di Milano da parte del Turkesh, il fronte turco anticristiano, il 4 agosto del 1983 che in cambio delle ragazze chiedeva la liberazione dell’attentatore del Papa Alì Agca. Poi la telefonata, a settembre, al bar “Coppa d’oro” di famigli in via Volturno, parte di presunti rapitori che elencano alla perfezione gli indumenti indossati dalla ragazza, biancheria compresa, al momento della scomparsa. Poi, più nulla: né prove né notizie e dopo 40 anni Mirella è ancora persa nel buio.
Nel dicembre del 1985 la madre di Mirella va nella Parrocchia di San Giuseppe, a pochi metri da casa, dove è in visita Papa Giovanni Paolo II e riconosce una sua guardia del corpo, Raul Bonarelli. È lo stesso uomo che ha visto più volte parlare con la stessa Mirella al bar sotto casa. L’uomo viene convocato in procura e prima di andarci è intercettato mentre parla con i suoi superiori della gendarmeria vaticana: gli chiede cosa avrebbe dovuto dichiarare ai magistrati. C’è una frase inquietante, riferita alla scomparsa di Mirella: Bonarelli tira in ballo “quei praticoni dei preti”. Una pista che non porta a nulla ma che comunque fa emergere che la pedofilia è un male che in quegli anni logora la Chiesa italiana.
Dopo “appena otto anni” la madre di Mirella viene convocata per un confronto ma ritratta: no, non è lui. Vittoria è già malata, viene a mancare da lì a poco. Forse ha paura per l’altra figlia, Maria Antonietta, che ha solo due anni in più di Mirella. Quella stessa sera in cui è scomparsa, è andata col suo fidanzato a cercare Mirella con delle torce in Villa Torlonia. Sonia, amica di Mirella le aveva detto che quel pomeriggio era passata a salutarla al bar sotto casa, di proprietà della sua famiglia di Sonia, per dirle che aveva un appuntamento con un amico sotto la scalinata della statua del Bersagliere, a Porta Pia e che dopo sarebbero andati a suonare la chitarra proprio lì, nel parco in via Nomentana. Dopo, Maria Antonietta va a cercarla in tutti gli ospedali di Roma. “Mia sorella era una ragazza limpida, non aveva sotterfugi”, come emerge dai suoi racconti. Una famiglia semplice, il clima è sereno. Risulta difficile pensare a un rapimento per estorsione, e lo anche è una “scappatella”, come paventano i carabinieri del commissariato dove la famiglia va a denunciare la scomparsa, quella stessa sera. Le due ragazze non hanno bisogno di nascondere nulla ai genitori: aperti ma altrettanto presenti. La ritirata è alle otto di sera, Mirella l’ha sempre rispettata.
“Mamma, scendo, torno tra poco”: sono le ultime parole dette da Mirella a sua madre a cui dice che avrebbe incontrato Alessandro, un suo compagno delle medie. Il ragazzo rientra a casa alle 22,30 e quando Vittoria riesce a raggiungerlo al telefono (quella sera stessa) le dice che non è stato lui a citofonare. Ha trascorso il pomeriggio a casa di un amico, in viale Libia. Non vede Mirella da due anni, le dice, dalla fine delle medie. Ma questa versione contrasta con quella rilasciata agli inquirenti a cui dichiara che sono trascorsi cinque mesi dal loro ultimo incontro.
Mirella Gregori è “l’altra Emanuela”? Le due ragazze neanche si conoscono, i giri sono distanti e diversi. Non c’è un solo punto in cui si le loro strade interrotte si incontrano ma le due inchieste sono sempre state legate ed entrambe archiviate, prima nel ’97 dal giudice Adele Rando e poi nel 2016. Dopo l’okay dalla Camera con voto unanime da parte di tutte le forze politiche, si attende il voto in Senato per l’istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta che farà luce sui due casi di sparizione.
“Sono fiduciosa, vedo un piccolo spiraglio”, racconta a FqMagazine Maria Antonietta Gregori. “Quando c’è stata la votazione, aver sentito parlare i deputati di mia sorella mi ha toccato nel profondo. Mirella è stata sempre un po’ messa da parte. La sua storia è stata sempre associata a quella di Emanuela, ci sono alcuni punti in comune ma forse, grazie a questa commissione, qualcuno riuscirà a vedere da un’altra prospettiva la sua storia, vedendo elementi che non sono stati presi in considerazione. C’è talmente tanta confusione, troppe piste sbagliate. All’epoca non si è approfondita quella più semplice. Voglio la verità, che sia bella oppure no. Almeno saprei dove portarle un fiore. Lo devo ai miei genitori che non ci sono più. Spero quest’inchiesta parlamentare non rimanga sospesa come le nostre vite”.
Intanto lo scrittore e giornalista Mauro Valentini, che a Mirella ha dedicato il libro inchiesta “Cronaca di una scomparsa”, con una ricostruzione dettagliata della storia, e delle indagini, in poche parole esprime quella che secondo lui è la pista da ripercorrere. Dice a FqMagazine: “Mirella è caduta in una trappola. A tenderla è stato qualcuno che la conosceva. Qualcuno di cui Mirella si fidava, le ha fatto del male. Chi? I nomi sono quelli… pochi e dentro le carte. Cosa aspetta la procura a riaprire quel fascicolo? “