Solo 3600 persone in Italia usufruiscono della PrEP, la terapia di profilassi pre esposizione all’Hiv che consente di evitare il contagio in caso di contatto col virus. In attesa che, dopo il via libera del Comitato prezzi e rimborsi dell’Agenzia del farmaco, diventi gratuita anche in Italia, ilfattoquotidiano.it ha incontrato alcuni di loro e ne ha raccolto le testimonianze anonime, per capire come abbiano iniziato questo percorso e con quali difficoltà.
M.C., 37 anni, Napoli: “Di Hiv nessuno parla più” – “Ho deciso di sottopormi alla PrEP perché si tratta di un protocollo che prevede test periodici ogni tre mesi: più ci testiamo, più controllo e prevenzione ci sono e più siamo sicuri”. Purtroppo però “negli ospedali è il caos totale: gli orari di ambulatorio cambiano senza che nessuno venga avvisato, le prenotazioni non sono sempre disponibili e il Cup spesso non sa chi sia il dottore di riferimento”. Inoltre, la profilassi “costa molto, 60 euro per 30 pastiglie (in pochi possono permettersi di spendere soldi così), e molti non hanno capito le potenzialità offuscati dal pregiudizio. Solo alcune città sono all’avanguardia, non c’è organizzazione didattica, divulgativa, educativa: insomma di Hiv nessuno parla più”.
G.L., 29 anni, Bologna: “Questa è omofobia di Stato” – “Ho deciso di intraprendere la PrEP nel febbraio 2022, dopo aver avuto un rapporto protetto con un ragazzo che in un secondo momento, durante alcuni controlli medici, ha scoperto di essere sieropositivo. Mi sono rivolto al reparto di Infettivologia dell’ospedale Sant’Orsola e sono stato sottoposto a molti esami per scongiurare il contagio da Hiv e verificare la presenza di altre infezioni sessualmente trasmissibili. Sono risultato negativo in entrambi i cicli di esami per l’Hiv, ma positivo per la gonorrea, per la quale mi sono stato subito fornite le cure del caso”. Davanti alla scarsa visibilità sociale del problema però G.L. si accalora, parlando di “omofobia di Stato”: “Questa mancanza di discussione porta ad una scarsa informazione sull’argomento, per cui ci sono persone che non conoscono per nulla l’esistenza della PrEP e non possono ricorrervi”. Tra chi invece conosce l’esistenza della profilassi, “le ragioni per cui si decide di non aderire possono essere tre: il costo, nonostante alcune farmacie prevedano degli sconti; lo stigma di chi pensa che ricorre alla PrEP solo chi non fa uso di protezioni; l’ignoranza di chi associa la profilassi alla mancanza di controlli”.
F.L., 34 anni, Milano: “Sicuro che allora tanto vale non avere l’Hiv?” – F.L. si dice soddisfatto della strada intrapresa: “Il percorso prevede un intero iter volto a responsabilizzare l’individuo proponendo vaccinazioni (che spesso non sono obbligatorie né sovvenzionate, ma necessarie) a titolo gratuito. Si è affiancati da un infettivologo che segue tutta la tua storia e tramite i vari esami a cadenza regolare ti permette di avere sempre coscienza del tuo stato di salute (quindi sei costantemente testato contro sifilide, gonorrea, papilloma, eccetera)”.
Per quanto riguarda il costo della terapia afferma: “Sono sicuro che due euro al giorno per una pillola che garantisce l’immunità dall’Hiv saremmo tutti disposti a spenderli”; ma condivide le perplessità sulla scarsa visibilità: “Molte persone pensano che tutta questa informazione, spesso affidata solo alle associazioni Lgbtq+, sia una semplice ‘propaganda’ per sdoganare uno stile di vita sregolato”. Infatti “nell’ambiente gay, chi è in PrEP viene spesso scambiato per una persona che impegna tutto il suo tempo ad avere rapporti non protetti con chiunque capiti a tiro. A testimonianza di ciò, un mio caro amico mi ha confidato di aver fatto sesso non protetto con una persona conosciuta su un’app di incontri, ma di non essere affatto turbato perché ‘tanto io non frequento la gente che frequenti tu, sono persone che ispirano fiducia’. Ecco, spesso ci si affida a un bel viso per convincersi che andrà tutto bene, e magari la convinzione è reciproca, ma nessuno dei due si fa test in maniera regolare. Purtroppo questo è il muro di scetticismo contro chi usa la PrEP”.
M.V., 48 anni: “Se usi la PrEP sei una put*ana” – “Nel mondo eterosessuale fino a poco tempo fa nessuno conosceva l’esistenza della PrEP, mentre fra noi gay c’è il luogo comune che se la usi sei una put*ana. Quando incontri qualcuno e dici di essere in PrEP, la reazione il più delle volte è di schifo“. Di solito l’obiezione principale è che “fa male e poi le malattie sono tante. A quel punto io rispondo: ‘Escludi l’evento più grave’, mentre per le altre malattie esiste una cura. Inoltre io ogni tre mesi vengo testato, tu?”. E conclude: “In realtà il messaggio è preservati, difenditi e difendi, ma c’è ancora troppa ignoranza”.
S., 28 anni, Bologna: “Frega qualcosa allo Stato che i suoi cittadini siano anche animali sessuali? Per me no” – “Sono stato in PrEP solo per un anno, poi ho smesso semplicemente perché studiando a tempo pieno e non avendo un lavoro non me la sono più potuta permettere. Ma anche solo avere la consapevolezza della protezione data dalla PrEP mi faceva sentire tranquillo, mi toglieva i sensi di colpa e mi faceva godere appieno della sessualità, a cui troppo spesso si dà poca o nessuna importanza. Inoltre, proteggendo me, facevo rete di protezione per gli altri. Su Grindr (app per incontri tra uomini gay, ndr) c’è la possibilità di indicare che si è in PrEP, e ho subìto alzate di sopracciglia perché ‘eh ma ci sono le altre malattie!’. Eh beh, sì, grazie, ci sono, ma Hiv e gonorrea non sono allo stesso livello di impatto sulla vita, l’Hiv è per sempre“.
Spesso, infatti, capita che gli utenti delle app rifiutino di incontrare persone in PrEP perché “c’è l’idea che se la prendi hai rapporti in giro senza pensarci e sei sporco. Stronzate ideologiche e sessuofobe. Chi prende la PrEP è testato ogni tre mesi. Chi non la prende, chi lo sa?”. Ma la colpa non è solo dei singoli: “Chi dovrebbe fare informazione, sulla salute sessuale? Lo Stato. Chi dovrebbe garantire accesso alle cure? Lo Stato. Gliene frega qualcosa, allo Stato, che i suoi cittadini siano anche animali sessuali? Secondo me no”.
R.S., 43 anni: “Senza PrEP andrei incontro a un crollo psicotico devastante” – “Soffro da 20 anni di nevrosi concentrate sul timore di contrarre l’Hiv nei rapporti sessuali e da li si sono sviluppate in un ventaglio di fastidi, senza che mai superassi quello di partenza. Mi sono sempre protetto e ho sempre avuto grande impegno nella gestione dei miei disturbi. Ma nonostante le cure farmacologiche e non, e una vita invalidata, ho interrotto ogni contatto sessuale per circa 15 anni: è stato l’unico modo che ho trovato per non essere devastato dall’ansia. Poi è arrivata la PrEP. Per me una salvezza. Uno strumento che mi sta permettendo, anche se fatico lo stesso, di riprendermi una parte essenziale della vita che non ho mai vissuto: senza la PrEP io non potrei farlo se non pagando un crollo psicotico devastante che già ahimè conosco. Ora dopo il sesso spesso sto male lo stesso, ma posso dirmi ‘No, ferma il pensiero’, perché non può essere. E questo mi aiuta e fa una differenza che non riesco nemmeno a spiegare. Non la utilizzo per essere promiscuo, ma per muovermi in sicurezza e proteggere la mia mente”.
D’altra parte, però, R.S. parla di una grande difficoltà nell’accedere alle informazioni necessarie: “Non sono stato seguito per niente. Il poco che so l’ho chiesto anche con un certo imbarazzo, riscontrando chiusure e non aperture, specialmente nel mondo sanitario. Dove vengo seguito per la PrEP mi sento un paziente di serie B, una persona che è lì per quello che è e che fa, non perché gli serve. Questo fa stare male soprattutto chi, come me, ha una comorbosità di disagi. Questo malessere traspare quando la visita non è un incontro, ma una routine che non si vorrebbe nemmeno avere; quando alle mie domande ricevo risposte sbrigative; quando non si sfrutta l’occasione per parlare insieme delle criticità che il paziente porta in riferimento all’utilizzo e alla protezione che cerca; quando le vaccinazioni e quant’altro previsto dal protocollo diventano una mia richiesta e non una loro proposta”. E conclude: “Tutto ciò rende l’accesso alla PrEP pesante e gravoso. Se una persona è indecisa, con tutte queste difficoltà sceglierà di non fare nulla, o nemmeno verrà a sapere che esiste e/o come ci si accede”.
D.C., 28 anni: “Qui in Germania il costo totale per il paziente è assolutamente irrisorio” – D.C. vive a Colonia (Germania) da 5 anni: “Qui è in corso una maxi sperimentazione per effetto della quale tutte le casse malattia (gli enti autonomi che compongono il sistema sanitario pubblico tedesco) sono obbligate per legge ad offrire questa prestazione. Bisogna rivolgersi a un centro autorizzato, di solito infettivologico o ematologico. I controlli preliminari e quelli da fare periodicamente (test Hiv ed epatite, tamponi orale, rettale e uretrale) sono completamente a carico del sistema. Sono anche obbligatori, nel senso che chi non si sottopone ai controlli non può ricevere la ricetta necessaria per comprare il farmaco. Ogni ricetta è infatti singola e a ogni appuntamento di controllo se ne riceve una nuova. Per il farmaco si paga un ticket di 10 euro per ogni confezione di 90 unità. In pratica, per chi la assume quotidianamente, il costo totale è assolutamente irrisorio. Anche eventuali analisi e trattamenti per le infezioni contratte sono gratuiti, e si possono effettuare sia presso il proprio centro di riferimento sia dal proprio medico di base (o anche presso altri medici)”.
D.C. racconta di aver aderito alla PrEP “per vivere con più serenità il sesso occasionale. In particolare, sono cresciuto letteralmente terrorizzato dallo spettro dell’Hiv e nel tempo mi sono accorto che davo a questo pensiero più spazio del dovuto, sia durante che dopo i rapporti sessuali, e soprattutto in attesa del risultato del test Hiv: quando l’esito arrivava in differita (giorni dopo il prelievo) non riuscivo a dormire la notte per il pensiero di essere positivo”. Ma grazie all’empatia dei “due medici di riferimento, entrambi omosessuali, che sono sempre stati professionali e cortesi”, ha avuto accesso a tutte le informazioni del caso, cosa non sempre possibile in Italia, dove lamenta “i costi e la scarsa disponibilità sul territorio (province, sud…) di centri che la offrono”. Oltre ai soliti pregiudizi.
Si ringraziano per la collaborazione @bastbuxx e l’associazione @PrEPinItalia