Nell’ultima settimana le speranze di negoziato suscitate dalle meritorie iniziative della Cina e del Papa sono state bloccate dalle forze favorevoli alla continuazione della guerra. Abbiamo avuto il gravissimo annuncio del Commissario europeo per l’industria, André Bréton, secondo il quale gli Stati potranno destinare i fondi del Pnrr originariamente previsti per la transizione ecologica alla produzione di proiettili.
Tali episodi dimostrano che le forze che vogliono continuare a trarre profitto, politico o economico, dalla guerra, non sono disposte a mollare la presa rinunciando alla ghiotta occasione per loro rappresentata dal massacro in corso.
Quello della guerra è un vicolo cieco sdrucciolevole che non porta da nessuna parte se non a schiantarsi contro la catastrofe della guerra nucleare, ma le nostre classi dominanti sembrano non conoscere altra soluzione. Eppure esiste una chiave negoziale alla soluzioni del conflitto che è rappresentata dall’auto determinazione dei popoli (compresi quelli del Donbass e della Crimea) e dalla sicurezza degli Stati (compresa la Russia). L’assoluta incapacità dei governanti europei a proporre vie d’uscita pacifiche al conflitto, appiattendosi come platelminti sulle posizioni guerrafondaie della Nato, costituisce un vero scandalo per le conseguenze davvero tragiche di cui potrebbe essere foriero per noi tutti, dato che il conflitto globale nel quale minaccia di precipitare l’escalation Ucraina verrebbe combattuto nel teatro europeo, trasformando in cimiteri radioattivi città che hanno secoli se non millenni di storia.
L’unica speranza di salvare la civiltà europea e la vita di decine di milioni di suoi cittadini è pertanto legata alla mobilitazione dei suoi popoli che vada nella direzione di un’autentica democrazia che preveda il diritto supremo di dire no alla guerra. Tale mobilitazione va in direzione assolutamente contraria alla tendenza bellicista e in ultima analisi suicida che contraddistingue i suoi vertici europei, ben rappresentate dalle dichiarazioni del succitato Bréton, secondo il quale occorre costruire un’economia di guerra. La possibilità generosamente offerta da quest’ultimo di spendere i denari del Pnrr in munizioni rappresenta d’altronde una vera e propria ancora di salvezza per i governi, come il nostro, che stanno mostrando la loro assoluta incapacità di trarre frutto per realizzare i più nobili scopi originariamente previsti, mentre rendono felici i produttori e commercianti di armi.
Questa situazione davvero tragica costituisce la dimostrazione più evidente del fatto che la democrazia europea su trova attualmente in uno stato di avanzata agonia.
Mi trovo attualmente in Catalogna, una delle regioni europee dotata di maggiore vitalità proprio dal punto di vista democratico, grazie a un tessuto ampio e consolidato di associazionismo e partecipazione. Questo movimento popolare si è scontrato con l’apparato repressivo dello Stato spagnolo in occasione del referendum autogestito di autodeterminazione dell’ottobre 2017. La promozione dell’autodeterminazione e della democrazia partecipata costituisce la migliore alternativa al sordo nazionalismo che prepara la guerra.
In Europa come pure in Italia esso mette in discussione il vergognoso asservimento dei governi ai diktat del capitalismo finanziario internazionale e della Nato che ne costituisce il braccio armato. Rapidamente rinnegate le effimere e menzognere promesse fatte da qualcuno si tempi della pandemia, questi governi, approvati da una ristretta minoranza della popolazione, ripristinano oggi i tagli della finanza pubblica, indirizzata a ormai in misura prevalente e tendenzialmente esclusiva alla produzione di strumenti di morte e repressione. In Paesi come il Regno Unito vengono riesumati i putribondi rituali della monarchia contro le aspirazioni di popoli come gli irlandesi, gli scozzesi e i gallesi contro i quali viene esercitato da secoli il colonialismo interno e lo stesso vale in Spagna per catalani, baschi, galleghi ed altri, mentre in Turchia Erdogan si prepara a truccare il risultato delle elezioni per poter perpetuare il dominio della sua cricca a danno dei kurdi e degli stessi turchi.
Dulcis in fundo in Italia il governo Meloni vorrebbe impedire al popolo di pronunciarsi contro la guerra mediante i referendum promossi per far valere le ragioni della nostra sopravvivenza e della nostra democrazia e sta condannando alla miseria amplissime fasce della società, mentre nutre progetti di snaturamento della Costituzione repubblicana in senso presidenzialista.
Triste panorama per l’Europa e le sue propaggini. Solo la mobilitazione democratica e popolare dal basso potrà frenare questo decadimento che ha come esito annunciato e voluto la fine non solo la fine di una democrazia da tempo in crescente sofferenza ma anche quella stessa della vita e civiltà umana sul nostro continente e nel mondo intero. Il federalismo democratico e il socialismo costituiscono l’autentica alternativa agli Stati corrotti e guerrafondai che ci spingono verso il baratro della miseria e della guerra.