Lady Gucci è stata condannata a 26 anni come mandante dell’omicidio del marito Maurizio, l’imprenditore della moda ucciso nel 1995. Ha scontato la sua pena ed è tornata una donna libera. Ma in questi anni il patrimonio di Patrizia Reggiani è stato spolpato. Con un meccanismo complicato, quasi da legal thriller. Come la trama di un ideale seguito di House of Gucci, il film di Ridley Scott del 2021 in cui è Lady Gaga a dar volto e voce alla Reggiani. Si è realizzata davvero una strana alleanza per mettere le mani sui suoi averi. Avvocati, consulenti, persino la sua compagna di cella. Così scrive la Procura di Milano: ognuno ha fatto la sua parte per mettere le mani su una polizza da 6,5 milioni di euro e soprattutto su un impero immobiliare da 90 appartamenti. Un meccanismo che adesso i pm descrivono passo passo. Così alla fine dell’inchiesta, racconta il Corriere della Sera, sono arrivate sei richieste di rinvio a giudizio. Chiede la procura al giudice: processateli tutti. Altre due persone finite nel mirino hanno già chiesto di patteggiare. Il quadro descritto dai magistrati è devastante. Non solo il gruppo ha approfittato delle condizioni di infermità della Reggiani. Ma tutta la trama era iniziata già prima, con la madre Silvana Barbieri. Così la ricostruzione cronologica degli eventi si trasforma in un atto di accusa.
Atto primo. L’inchiesta parte con un’ipotesi di circonvenzione di incapace per l’avvocato Maurizio Enrico Carlo Giani. Nel 2018, dicono sempre i pm, si sarebbe approfittato delle fragilità della madre novantenne della Reggiani. Morta poi l’anno successivo. Qual è stata la manovra? Si è fatto nominare, con un compenso di 100 mila euro, esecutore del testamento. In quel momento di parlava di 4 milioni di lasciti e dell’incarico di costituire una fondazione, la “Fernando e Silvana Reggiani srl”. Una fondazione ricca dei 90 appartamenti e degli incassi dei relativi affitti. Altra protagonista dell’intrigo descritto dai pm è la compagna di cella Loredana Canò. Una “sempre più ingombrante presenza” che ha convinto Patrizia Reggiani a “far guerra alle figlie” sempre sul patrimonio. Si era fatta assumere come “assistente personale” per 1.600 euro al mese, poi si era appropriata dei gioielli e le aveva fatto firmare una scrittura privata: la vedova Gucci si dichiarava debitrice nei suoi confronti per 60 mila euro. Che cosa faceva in quella casa? Rispondeva al telefono o alle mail, registrava di nascosto le conversazioni, si era fatta delegare a operare sui conti.
Ancora un passo avanti. Siamo arrivati al febbraio 2019 e la Canò convince Patrizia (è sempre la ricostruzione della procura) a far subentrare come amministratore di sostegno l’avvocato Daniele Pizzi. E’ lui ad autorizzare operazioni non per l’interesse di Patrizia ”bensì proprio e dei sodali”. Va chiarito che Pizzi respinge le accuse ma, rivela sempre il Corriere, ha scelto di aderire al patteggiamento proposto dai pm: due anni e pena sospesa. Entra in scena ora un altro protagonista di questa inchiesta. Si chiama Marco Chiesa, è un consulente finanziario che lavora per importanti realtà bancarie. Sono la Canò e Pizzi a suggerirlo a Patrizia per la gestione finanziaria. L’atto più importante? Una polizza vita da 6,5 milioni con tre beneficiari. La Canò, la compagna del padre dello stesso Chiesa e un testimone di nozze di Pizzi. Svela il Corriere che è Marco Riva. Svela il Corriere che è oggi presidente del Coni Lombardia. Il quadro non è ancora completato. Per i pm la Canò ha anche rubato dei gioielli nel 2017 a casa Reggiani. E tra le accuse di peculato compaiono anche i 15 mila euro per un’intervista della Reggiani a Discovery. Il documento filmato e visibile oggi su diverse piattaforme in cui lei si racconta: l’incontro con Maurizio, l’amore, il matrimonio da favola e l’incubo.