Già nell’ottobre scorso il giudice per le indagini preliminari descrisse Alessia Pifferi, la donna accusata di aver abbandonato e fatto morire di stenti la figlia Diana di 18 mesi, di essere “consapevole” e senza “una storia di disagio psichico” alle spalle. Anche per i giudici della Corte d’assise di Milano la donna – che confessò di aver lasciato per quasi una settimana sola la piccola perché voleva “avere un futuro con il suo compagno”, può affrontare il processo. La 37enne deve rispondere di omicidio volontario aggravato. I magistrati hanno respinto l’istanza della difesa di perizia psichiatrica sulla “capacità di stare in giudizio” dell’imputata contro cui avevano dato parere negativo i pm Francesco De Tommasi e Rosaria Stagnaro, spiegando che la donna è sempre stata pienamente “lucida e consapevole”. Più avanti nel processo la difesa potrà chiedere comunque una perizia sulla capacità di intendere e volere al momento dei fatti. Non l’ha fatto ancora nell’udienza di stamani.
Dall’unico “atto medico prodotto dalla difesa”, ossia una relazione di una psichiatra del carcere di San Vittore, “non emerge alcun elemento – ha spiegato il presidente della Corte Ilio Mannucci Pacini – che possa far dubitare della piena capacità di Pifferi di partecipare al processo come evidentemente accaduto fino all’odierna udienza, senza che mai fosse stata prospettata tale incapacità”. Nella relazione del novembre 2022 “l’unico elemento è un ipotetico e possibile deficit cognitivo che anche se fosse accertato potrebbe costituire elemento atto ad escludere la capacità di stare nel processo” di Pifferi. I giudici hanno chiarito comunque la differenza con le valutazioni sulla capacità di intendere e volere.
“Non ha mai chiesto scusa, nemmeno nelle lettere che ha inviato a me e a mia madre, e non le risponderò mai fino a che non chiederà almeno scusa, io sono contro mia sorella ed è la parte giusta, perché quella che è morta è mia nipote” ha detto ai cronisti Viviana Pifferi, sorella di Alessia. La zia della piccola, assieme alla nonna, ossia la madre della 37enne, sono parti civili nel processo. Viviana Pifferi anche stamani in aula indossava una maglia con la foto della bimba. Alessia Pifferi per la seconda udienza era presente in aula, accanto al legale e accompagnata dagli agenti di polizia penitenziaria. “È stato giusto non concedere la perizia. Per una settimana l’ha abbandonata, non può essere un raptus di dieci minuti. Io non la so più definire mia sorella, se quella è ancora mia sorella”, ha detto ancora Viviana Pifferi.
“Voi la vedete così perché è sotto psicofarmaci, a differenza di quello che dice il pubblico ministero, Alessia Pifferi è sempre sotto psicofarmaci – dice l’avvocata Ilaria Pontenani che difende l’imputata – Di Alessia Pifferi si è parlato troppo e nel modo sbagliato. È una donna che ha avuto questa bambina e che è stata abbandonata da tutti, dai servizi sociali e anche dai famigliari. In carcere sta subendo violenze verbali dopo quella fisica di settembre”. “Certamente”, ha risposto la legale rispondendo alla domanda se la donna avesse mai manifestato pentimento.