La giostra dell’ipocrisia come al solito gira come un frullino intorno al cavallo di viale Mazzini. Così da una parte il governo assicura che l’amministratore delegato Carlo Fuortes ha lasciato l’incarico in totale libertà (dopo aver scritto un decreto ad hoc per liberare il posto da sovrintendente del teatro San Carlo di Napoli da offrire in contropartita proprio all’ad uscente della tv pubblica da mettere all’uscio). E dall’altra il manager culturale – dopo aver osservato un religioso silenzio lungo giorni se non settimane mentre infuriavano le polemiche – prima esce con un comunicato con cui rivendica di aver sempre preteso “la libertà delle scelte” come “elemento imprescindibile dell’etica di un’azienda pubblica” e denuncia lo “scontro politico” in atto “sulla mia persona” e poi fa “trapelare” a Repubblica.it che non vuole la direzione del San Carlo. Una decisione della quale ha messo a parte l’opinione pubblica proprio oggi e che avrebbe potuto comunicare parecchi giorni fa proprio per denunciare con maggiore comodità (ed efficacia) il gioco dell’oca messo su dal governo per liberare la sua poltrona a viale Mazzini e affidarla a un volto più amico, in piena tradizione di lottizzazione della Rai.

Oggi, invece, il tempismo della doppia uscita dell’ad dimissionario stride un po’. E’ attesa domani, martedì, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della norma che per decreto introduce il pensionamento dei direttori delle fondazioni lirico-sinfoniche a 70 anni e guardacaso ricade solo su Stéphane Lissner, cioè il sovrintendente del San Carlo di Napoli. Una mossa – l’esclusione del direttore che in passato ha guidato tra gli altri l’Opéra di Parigi e la Scala di Milano – che tutti i giornali per giorni hanno ricondotto alla necessità di far approdare al teatro d’opera più antico del mondo proprio Fuortes.

Lissner dovrebbe decadere dall’incarico il prossimo primo giugno, come previsto dal decreto del governo Meloni, ma ha già annunciato ricorso al giudice del lavoro. E in più la decisione spetta al consiglio di indirizzo della Fondazione del San Carlo che deve fare la proposta di nomina, che viene poi ratificata dal ministero. L’organismo è presieduto dal sindaco di Napoli Gaetano Manfredi e composto anche da due rappresentanti del ministero della Cultura, da uno della Regione e uno della città metropolitana. Vale la pena ricordare che negli equilibri politici che regolano queste nomine Lissner è in buoni rapporti con Manfredi ma ha avuto più di una difficoltà col presidente Vincenzo De Luca.

Naturalmente sullo sfondo della cacciata di Fuortes dalla Rai c’è il meccanismo perverso – che tutti contestano e in cui tutti fanno il bagno – della gestione della Rai, occupata manu militari da ogni maggioranza politica. E l’ultima, quella di destracentro guidata da Fratelli d’Italia, si guarda bene dall’interrompere questa tradizione. Eppure il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida fino a qualche giorno fa ripeteva: “A me risulta che nessuno lo abbia costretto ad andarsene e credo che la legge gli consenta di restare. Nessuno ha fatto una norma per commissariare la Rai, non c’è una azione diretta del governo”. Se Fuortes è penultimo della coda, l’ultimo è il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini che ha detto che quella dell’ad uscente della Rai è una “sua libera scelta“. “Il servizio pubblico – ha aggiunto il ministro – ha ampi margini di miglioramento e ha tante professionalità non sempre utilizzate al meglio che possano garantire questo miglioramento”.

La realtà è che il centrodestra aveva una fretta matta di mettere le mani sulla tv pubblica e questo cozzava con la scadenza del mandato di Fuortes, troppo in là nel tempo (2024) per l’appetito alla tavola di viale Mazzini che la maggioranza di governo non ha mai mancato di palesare dal 25 settembre in poi con retroscena furibondi su tutti i giornali, compreso questo. L’obiettivo finale dell’accompagnamento alla porta di Fuortes, dunque, è la riverniciatura dei palinsesti, in modo da dare una mano di colore che ricordi appunto “chi comanda ora”. Dopo gli episodi contestati al festival di Sanremo, per dirne soltanto una, il sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi (FdI) disse che “con la nuova dirigenza Rai cambieremo la narrazione del Paese”. Togliendo Fuortes, ora il governo potrà scegliere i nuovi vertici (in pole position l’attuale direttore di RadioRai Roberto Sergio) e si darà il via al valzer di poltrone anche per i tg. Al banchetto, come succede a ogni cambio di governo, c’è posto per tutti. Il risultato di tutta questa storia, al momento, è che – in questa furia lottizzatrice – a rimetterci potrebbe essere proprio il teatro San Carlo che dal primo giugno potrebbe rimanere senza sovrintendente.

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