Oggi è la festa dell’Europa ma è anche l’anniversario della morte di Aldo Moro e di Peppino Impastato eppure stamattina in pochissime scuole e città si festeggerà la fondazione della “nostra” Unione. Vorrei essere smentito da chi leggerà queste parole ma pochi maestri e professori ricorderanno il presidente del Consiglio ammazzato dal terrorismo e il giovane giornalista di Cinisi ucciso dalla mafia. Quando andavo alla scuola primaria (anni Ottanta), il 9 maggio, arrivava in classe il bidello con la circolare firmata dal ministro che tutti i docenti leggevano per fare poi un minuto di silenzio per Moro. Non capivo bene di chi stessimo parlando, perché era tanto importante ricordare quel signore ma una volta diventato più grande mi resi conto che la scuola stava seminando in me la memoria.
Non lo facevano i miei genitori, semi analfabeti ma lo faceva chi mi educava e istruiva. Purtroppo non ricordavano Peppino: dovetti aspettare gli anni Duemila per conoscerlo solo grazie al film I cento passi di Marco Tullio Giordana.
Cos’è cambiato? Tanto. In peggio.
Oggi non arriverà alcuna circolare a scuola per ricordare Aldo Moro. E’ finito il tempo dei minuti di silenzio meglio fare il programma, stare al “passo”, finire le regioni. Fa nulla se studiando la Sicilia, i ragazzi non sanno che un trentenne nel 1978 è stato ammazzato dalla mafia, perché alzava la testa contro il boss che abitava a cento passi da casa sua. L’importante è sapere quanto è alto l’Etna.
I dirigenti scolastici che stamattina non hanno scritto due righe per ricordare ai loro insegnanti di far vivere ai ragazzi la festa dell’Europa dovrebbero lasciare il posto a chi ha una coscienza civica, a chi vorrebbe presiedere una scuola con la testa e non con le mani sempre pronte a firmare circolari che ricordano di non usare il cellulare o di fare l’ennesimo inutile corso sulla privacy o sulla sicurezza.
Oggi le nostre aule (la mia lo sarà) dovrebbero essere addobbate da bandierine degli Stati che appartengano all’Europa altro che fiorellini e farfalline appiccicate alle finestre perché è primavera.
Tutti i nostri ragazzi dovrebbero sapere che al Parlamento Europeo a Bruxelles uno degli ingressi è intitolato proprio ad un italiano: Altiero Spinelli. Il problema è che non lo sanno nemmeno molti dei loro docenti che non conoscono neanche Jean Monnet e Robert Shuman. Siamo in Europa ma non ci sentiamo europei perché la scuola per prima non ci educa ad esserlo.
Domani è anche la terza giornata dell’Invalsi: chissà che accadrebbe se l’istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo e di istruzione mettesse una domanda tra le sue sull’Europa. Forse capiremmo davvero che con una scuola così continueremo a restare fanalino di coda della civiltà.