Nel giorno in cui la Corte d’appello di Milano ha negato la consegna di Monica Bellini al Belgio arriva la notizia che l’eurodeputato Marc Tarabella e l’assistente parlamentare Francesco Giorgi, entrambi agli arresti domiciliari dopo alcuni mesi passati in carcere nell’ambito dell’inchiesta Qatargate, sono stati rilasciati sotto condizioni. È stata la procura federale del Belgio a comunicare la decisione evidenziando che “la loro carcerazione preventiva non era più giustificata” ma senza specificare le condizioni. A questo punto per Tarabella e Giorgi, braccio destro dell’ex eurodeputato pentito Pier Antonio Panzeri e compagno dell’ex vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili, non ci sarà più l’obbligo di indossare il braccialetto elettronico. L’ex vicepresidente dell’Eurocamera invece è ai domiciliari dal 12 aprile scorso.

Nei giorni scorsi a cinque mesi dallo scoppio dell’indagine che ha scosso il Parlamento europeo, il magistrato alla guida dell’inchiesta belga, Michel Claise, in un’intervista al Financial Times, si era difeso dalle critiche sulla gestione del caso, assicurando la piena indipendenza del suo operato. Le indagini richiederanno “il tempo necessario”, aveva detto il giudice istruttore al quotidiano della City. Dopo le perquisizioni e gli arresti l’inchiesta sembra attraversare una fase di stallo.

Ad aprile, con i rilasci in successione dell’ex eurodeputato pentito Pier Antonio Panzeri, dell’ex vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili, e oggi con il rilascio di Tarabella e Giorgi si è in qualche modo chiuso il cerchio del carcere preventivo per i sospettati finiti nella rete del pm belga. Che a febbraio era finito sul banco degli imputati per la richiesta di ricusazione depositata da Tarabella – e poi respinta dalla giustizia belga che lo ha confermato alla guida delle indagini – con l’accusa di “parzialità” e di violazione della presunzione di innocenza. “Non sono qui per appendere trofei al muro. Al contrario, sono qui per prevenire anche il minimo errore”, ha assicurato Claise che, incalzato dal foglio britannico sulle possibili pressioni politiche ricevute, ha evidenziato le difficoltà del suo lavoro e, al tempo stesso, l’importanza dell’indipendenza che caratterizza il sistema belga. “Diciamo solo che ho avuto alcune insidie. È un lavoro che disturba”, ha spiegato il pm celebre in patria anche per i suoi romanzi polizieschi, ma “nessuno viene nel mio ufficio e mi dice cosa fare. Mai. Questo è il vantaggio di avere un giudice istruttore”. Alla domanda se ci siano da aspettarsi altri colpi di scena nell’inchiesta, Claise ha risposto: “Posso promettervi che dopo la primavera verrà l’estate”.

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