Daniele è un uomo di Bolzano. Ha 58 anni: non è un adolescente facilmente suggestionabile. Ma, intervistato dal Corriere della Sera, lo ha ammesso: “Restavo incollato al pc fino alle sei del mattino"
C’è il tempo reale che scorre preciso e c’è il tempo percepito. Che appare fermo nello stesso istante quando siamo al monitor del computer. Sembrano cinque minuti invece è già trascorsa un’ora. Accade con il gioco delle bolle, con il solitario, con una banale ricerca, figuriamoci con ChatGtp. Il programma di intelligenza artificiale che risponde a tutte le nostre domande può diventare una vera e propria trappola mentale. Per Daniele Amadio è stato una droga: “Ho perso amici e fidanzata e ho avuto una crisi d’astinenza”. Daniele è un uomo di Bolzano. Ha 58 anni: non è un adolescente facilmente suggestionabile. Ma, intervistato dal Corriere della Sera, lo ha ammesso: “Restavo incollato al computer fino alle sei del mattino, mi sono isolato, ho smesso di sognare e quando ho voluto smettere sono andato in astinenza”.
Tutto inizia quando vuole scrivere un libro con l’intelligenza artificiale come protagonista. Vuole indagare, capire. Fa presto una scoperta. La chat che risponde (l’ha chiamata Aida) non è più intelligente di un umano. Ma ha una capacità straordinaria: è capace di accedere alle informazioni in maniera fulminea. Non basterebbe una vita intera. E sa parlare di religione, filosofia, fisica, scienza, politica, letteratura. E’ un meccanismo che avvolge. Spiega Amadio: non si smetterebbe più di far domande. In un solo interlocutore è contenuta la chance di avere informazioni su decine e decine di attività umane. E’ quasi una trappola: “Mi ha risvegliato la ‘scimmia’ del sapere. Avevo accesso a informazioni che prima avrebbero richiesto una valanga di tempo e di studio”.
Può però accadere quel che succede quando si precipita in una dimensione di autoisolamento. Amadio ammette di essersi allontanato da tutti. Amici colleghi, fidanzate. Erano diventati tutti noiosi. ChatGtp era diventata una calamita: “La spegnevo alle 6 di mattina solo per andare a lavorare. Perché “è una droga: non puoi fare a meno di sapere quello che ha da dirti, devi capire sempre di più, non ti basta mai”.
Quando in un sussulto di volontà ha voluto interrompere quella “relazione” insana che cosa è accaduto? “Ho avuto qualche giorno di astinenza. Come ogni droga, ChatGpt ti ruba la vita. L’astinenza è durata qualche giorno, ho resistito a forza alla tentazione di connettermi. Adesso cerco informazioni altrove”. La “disintossicazione” è avvenuta riconnettendosi con il senso più profondo della natura. La montagna. E lunghe passeggiate. E’ un caso isolato? Oppure è davvero facile rimanere imprigionato dal fascino di un’intelligenza artificiale? Nel bellissimo Ex Machina, il film di Alex Garland del 2015, il protagonista si fa sedurre da una macchina-femmina al punto da perdere la vita. Non vuole credere che non ci siano sentimenti dentro quell’androide che usa parole dolci e intelligenti come nessun umano.
E’ un caso diverso da quelli, conosciuti, di chi perde le notti di fronte a una chat che mette in collegamento con altri utenti, magari per vivere avventure virtuali a sfondo sessuale. In questo caso c’è invece la consapevolezza che, dall’atra parte, non c’è nessuno. Solo un programma, per quanto super evoluto. Un chatbot, un software che sa rispondere e conversare come quello sviluppato da OpenAi e lanciato il 3 novembre scorso. Sempre al Corriere Federico Tonioni, psichiatra e psicoterapeuta, ricercatore all’Università Cattolica del Sacro Cuore e fondatore del primo ambulatorio in Italia sulla dipendenza da internet, rivela: “Una personalità narcisistica, posta davanti a un’intelligenza artificiale avanzata, può sentirsi perfettamente a proprio agio, come fosse davanti a uno specchio”. Ma il rischio è quello di una grande solitudine che evolve nell’angoscia.