Una “brutale aggressione” contro cui Gessica Malaj ha cercato di opporsi nonostante il padre, Taulant Malaj, avesse un coltello di 18 centimetri in mano già macchinato di sangue di Massimo De Santis. Nell’ordinanza di custodia cautelare il giudice per le indagini preliminari, Roberta di Maria, sottolinea come “il quadro indiziario” contro il 45enne panettiere, che dopo aver ucciso un uomo e la figlia ne ha filmato i cadaveri, “si è consolidato con la visione dei filmati” delle telecamere in casa “che hanno ripreso le scene in cui l’uomo colpiva ripetutamente con chiara volontà omicida sia la moglie sia la figlia”.
Quanto “all’omicidio della giovane Jessica”, 16 anni, “che con coraggio ha cercato in tutti i modi e fino alla fine di difendere la madre dalla brutale aggressione del padre”, si evince “che i colpi sono stati inferti anche nei suoi confronti volontariamente, non solo quando interveniva in un primo momento nella camera da letto, ma anche quando l’aggressione continuava nel salone”. Sul corpo della 16enne, si legge negli atti, “venivano riscontrate quattro coltellate al torace, sede di organi vitali. Allo stesso modo – si legge ancora – si evince la pervicacia con cui si avventa contro la moglie sorprendendola in piena notte mentre si trova nel letto, sferrando molteplici coltellate anche nella parte superiore del corpo. Tutto questo – evidenzia il gip – avveniva sotto gli occhi del figlio più piccolo della coppia”.
Per il gip del Tribunale di Foggia le esigenze cautelari sono motivate anche dal “movente che lo ha ispirato: ossessiva e morbosa gelosia verso la moglie“, e dal fatto che “neanche la presenza del figlio minore Leonardo di appena 5 anni, che assisteva inerme alla violenza perpetrata ai danni della madre e della sorella, lo abbia fatto desistere dalla sua azione criminosa”. Per il gip, inoltre, Taulant Malaj ha “ostentato la propria inconcepibile ‘impresa’ riprendendo le vittime subito dopo averle accoltellate mortalmente e facendo mostra del proprio folle gesto inviando il video ad un amico”. Secondo gli inquirenti “le brutali modalità di realizzazione dei fatti mostrano nell’indagato una assoluta insensibilità verso la vita umana ed una comune propensione al delitto come mezzo di affermazione delle proprie convinzioni e del proprio ruolo all’intero della famiglia”.