Diciassette anni e 8 mesi. Diventa definitiva la condanna di Ciro Russo, l’uomo che il 12 marzo di quattro anni fa tentò di uccidere l’ex moglie Maria Antonietta Rositani dandole fuoco. I giudici della Suprema Corte hanno riconosciuto la responsabilità penale riducendo di un anno la pena inflitta in Appello per l’uomo che, dopo essere evaso dai domiciliari che stava scontando nel Napoletano per maltrattamenti in famiglia, aveva raggiunto Reggio Calabria e – dopo aver speronato l’auto della donna – le versò addosso benzina e le diede fuoco. La donna si salvò solo perché ebbe la prontezza di uscire dall’auto e gettarsi in una pozzanghera mentre il marito le gridava “devi morire”.
Quel giorno riportò gravissime ustioni sul 50% del corpo. Dopo l’aggressione Rositani ha trascorso 20 mesi in ospedale, tra terapia intensiva, duecento interventi chirurgici e cure che continuano ancora ora per le ustioni riportate. Russo invece si diede alla fuga e la caccia all’uomo durò 24 ore. L’imputato, che ha scelto il rito abbreviato ottenendo quindi la riduzione di un terzo della pena, fu bloccato dagli investigatori della Squadra mobile di Reggio Calabria che lo rintracciarono il giorno dopo nei pressi dell’ospedale.
“Se dobbiamo parlare di giustizia quest’uomo e tutti gli uomini che si macchiano di un delitto così mostruoso non dovrebbero potersi avvalere di un rito abbreviato. Sono viva per miracolo ma tante donne come me non ce l’hanno fatta”, dice Rositani che ha atteso la sentenza in Cassazione con i suoi legali, gli avvocati Alessandro Elia e Massimiliano Santaiti, e con le associazioni “Insieme a Marianna” e Udi, parti civili nel processo. ”Non posso essere tranquilla neanche dopo questa condanna. Quello che ho vissuto – ha aggiunto – non dovrebbe viverlo nessuno e per questo mi batterò sempre contro la violenza sulle donne”.