“Monicaaa, paga i debitiiii”. Un grido irrompe oltre la siepe. E’ sabato sera e all’Olgiata arrivano auto di grossa cilindrata, alcune con targa diplomatica. Vigilantes e guardie del corpo controllano gli ingressi al “party vip” di Monica Macchioni: senza password non si entra. Gli ospiti sono perlopiù nobili decaduti, eterni aspiranti alla ribalta, ricche vedove con cagnetti al seguito. Pensano che la sicurezza privata sia lì per la festa, non per proteggere la festeggiata. La scorsa settimana ilFattoquotidiano.it aveva acceso un faro sui debiti dell’ex pierre Monica Macchioni, ape regina della comunicazione politica nel berlusconismo che danza ora come una falena tra i lampioni del potere romano in declino, bruciando i soldi degli altri e forse se stessa. Sei ex collaboratori si erano rivolti al Tribunale per ottenere stipendi mai pagati per 13mila euro: sui conti dell’imprenditrice ce n’erano solo 30, più 5 centesimi.
A distanza di qualche giorno accadono due cose. Incurante, Monica Macchioni ha festeggiato i suoi 44 anni nella villa con piscina all’Olgiata per la quale paga 4mila euro al mese d’affitto. L’articolo, nel frattempo, induce altri creditori a farsi avanti. A ogni nome sul taccuino corrisponde una storia diversa ma tutto sommato uguale: acconti che spariscono, stipendi mai pagati e impegni disattesi. Al beneficio del dubbio su “momentanee difficoltà” subentra il sospetto del dolo, della serialità di una condotta consapevole e spregiudicata.
Tra i creditori, ad esempio, c’è un tenore cui deve 30mila euro, consegnati a mano in un bar di Roma, insieme alla promessa di portarlo a Sanremo. C’è poi la proprietaria di un superattico a San Pietro che la rincorre per affitti mai pagati e tanti altri, compresi editori, scrittori e giornalisti. Un circo Barnum di disperati, truffati, arresi. Di vittime che a fatica denunciano, di altre che s’imbruttiscono, mentre finanziatori ex protettori restano nell’ombra dei pini dell’Olgiata.
Gli account piratati (che paghiamo noi)
Chi ha lavorato per Male Edizioni Srl di Monica Macchioni spiega che l’attività “altamente specializzata” promessa ai clienti era in realtà un mezzo imbroglio. “Ogni collaboratore, su turni, aveva un contratto per 4 ore di lavoro a 900 euro lordi e doveva inviare sui cellulari di politici e amministratori, in apposite chat tematiche, le agenzie che già gli stessi politici ricevevanno dal servizio comunicazione della Camera d’appartenenza”. In altre parole, “pagavano 12mila euro l’anno per farsi mandare le stesse cose che già ricevevano sullo smartphone e avrebbero potuto vedere da soli, semplicemente flaggando un argomento come ‘Ambiente’, ‘Salute’ etc”. E di chi erano le credenziali piratate della Camera? A finire nei cellulari di tutti era l’account di Renata Polverini che, contattata dal Fatto, cade dalle nuvole: “Non ne sapevo niente, non ho mai avuto quel servizio”, dice con una certa irritazione. E si capisce l’imbarazzo: Palazzo Chigi spende 3800 euro l’anno per ciascuna licenza che poi assegna a 43 amministrazioni, comprese le Camere. “A Monica avevamo fatto un contrattino per la campagna elettorale del 2018”, dice l’ex parlamentare ed ex presidente di Regione Lazio: “poca roba, per i social che poi manco seguiva per cui ce li facevamo noi. Ma era una cosa più per farle un favore, perché non era più la Monica di una volta, che gestiva le comparsate in tv di vip e politici con gli agganci che aveva stretto nelle redazioni minori. Probabilmente le avremo dato un account, cosa poi ne abbia fatto davvero non lo so”.
“120mila euro e ti porto a Sanremo”
Febbraio 2022, Harris Bar di via Veneto. Al tavolino siedono il “tenore pop” Luca Minnelli, il suo agente e due amici. Arriva Monica Macchioni. Tempo una settimana, agli stessi tavoli, le allungheranno una busta con 15mila euro. Poi un’altra. Sono l’acconto. Lei ha spiegato loro “come vanno le cose”, che per sfondare in tv “è meglio un libro di una canzone, che una cantata poi ci scappa”. Lei sa come si fa e i contatti giusti non le mancano: 120mila euro e lo porta a Sanremo. Per convincerli, raccontano i due, chiama davanti ai loro occhi un’inconsapevole Mara Venier: il cellulare passa di mano in mano, saluti e baci.
Il libro viene poi editato dalla Male Edizioni Srl della Macchioni, ma il giorno della presentazione arriva la brutta sorpresa: “Ci aveva detto che avrebbe stampato 1500 copie e 24mila da distribuire in edicola come allegato al giornale l’Identità con cui aveva un contratto. Quel giorno scoprimmo invece che ne aveva fatte stampare solo 30, 50 al massimo”, spiega l’agente. “Scoprimmo anche che Macchioni non aveva pagato neppure l’autrice, lo facemmo noi versandole 3mila euro”. Alla fine si rivolgono a un altro editore.
“Quando la chiamavamo rispondeva di avere problemi a Montecarlo, dove diceva di avere i soldi e la sede della società. Poi non ha risposto più. Ora non chiediamo nulla, solo di avere quelle fatture perché quel pagamento in nero diventa un casino”. Spiega l’artista: “Sembrava effettivamente molto inserita: un giorno mi fece incontrare il maestro Vince Tempera. Poi ho capito che lei fa così, con questi contatti ti ubriaca e tu, facilmente, ci caschi. La cosa peggiore è stata scoprire che diceva in giro che eravamo noi a non pagarla, probabilmente per giustificare altri debiti”.
Restano almeno le pagine promozionali uscite sull’Identità: “Sì, ma non le ha mai pagate”, fanno sapere dal giornale. “Abbiamo chiuso definitivamente i rapporti con lei da cinque mesi”, conferma l’amministratore Claudio Capotosti, “e non vogliamo più averci a che fare”. Altri editori e testate hanno avuto analoghi problemi, come La Verità di Maurizio Belpietro. Per non parlare dei giornalisti.
La vera storia di un occhio nero
Per lui si sono mobilitati l’Anpi, l’Ordine dei Giornalisti e Giorgia Meloni in persona. Ma il cronista dell’Identità “pestato per i suoi pezzi su Mafia Capitale e l’estrema destra” in realtà non è stato pestato per quello. La verità è meno eroica: lunedì 12 dicembre 2022, in via Teulada, Edoardo Sirignano si becca un pugno per i debiti dell’amica ed ex datrice di lavoro con molti conti da saldare, sempre Monica Macchioni. A sferrarlo, si legge nella sua denuncia, è Davide Di Stefano, ex portavoce di Casa Pound e fratello dell’ex segretario Simone, che al Fatto.it spiega: “Discutemmo di lavoro e della Macchioni che mi deve 16mila euro; quando Edoardo risalì in redazione per giustificare la lite in strada s’inventò quella storiella. Io ero esasperato, ma lui mi provocava”.
Le indagini sono ancora in corso, ma almeno su un punto le versioni coincidono: “E’ tutta colpa di Monica”. “Secondo te io, sto pugno, per chi lo ho avuto? Sempre per Monica!”, sbotta al telefono Sirignano: “La vera storia è che questo qui era venuto da me per lei, pensando che io sapessi come fargli riavere i soldi. ‘Se non me li dà lei me li dai tu’, mi dice. L’ho detto anche ai carabinieri, i colleghi questo non l’hanno capito. Ma nei casini di Monica sono forse l’unico che oltre ai soldi ha rischiato la pelle”. Proprio così, per assurdo un creditore ne menava un altro. Che, sempre per Monica, che era letteralmente finito in strada.
Il superattico è gratis
“Anche a me deve dei soldi – racconta ancora Sirignano -. Per lei facevo interviste, che non ha mai pagato, per Spraynews”, un sito che – stando agli ex collaboratori – la Macchioni utilizzava per tamponare la rabbia dei clienti cui aveva promesso la luna (pezzi sul Corriere, comparsate in tv e altre uscite mai avvenute). Ed ecco com’è andata: “Sapendo che era solita non pagare i collaboratori le ho chiesto almeno di pagarmi l’affitto altrimenti non potevo lavorare a Roma”. Così il giovane giornalista si ritrova a vivere per sei mesi in un superattico vicino Piazza San Pietro, affittato da Macchioni per 2000 euro al mese. “Ma lei fa sempre casini, ha smesso di pagare e io mi sono ritrovato in strada con la luce staccata”.
I protettori nell’ombra
Per giustificare i debiti all’autore di questi articoli, Macchioni aveva spiegato a ilfatto.it che il mondo della comunicazione politica è cambiato e che, in particolare, scontava il prezzo di una “guerra coi lobbisti” che ormai spadroneggiano anche nei contratti sulla comunicazione. E faceva il nome di Luigi Bisignani, l’uomo che sussurrava ai potenti. Bisignani scrolla la testa: “Guardi lasciamo stare, non voglio infierire su una persona che è già in grandi difficoltà. Sono tutte corbellerie, pensi che la festa di fidanzamento (a favor di telecamere, ndr) con Lando Buzzanca gliel’ho organizzata proprio io”.
L’ex pm Luca Palamara è stato l’ultimo big della scuderia Macchioni. Per lui ha curato la comunicazione dell’associazione Oltre il sistema, che è anche il titolo di un suo libro di grande successo edito da Rizzoli: “Non ho più rapporti con lei dal luglio del 2022, non sapevo dei suoi debiti e dei suoi metodi, sono scioccato”, dice l’ex pm smentendo quanti sostengono fosse al corrente di tutto. In una seconda telefonata ammette che un creditore effettivamente si era rivolto proprio a lui per perorare i pagamenti di lei. E che sì, l’autista che lo scarrozza oggi era proprio quello di Monica, all’epoca compagno della ex braccio destro di lei. Nella rete di amicizie influenti o danarose compaiono altri nomi da cerchiare in rosso.
Lady petrolio non paga più
In una pec ai creditori la Macchioni giustificava il mancato pagamento delle spettanze con “clienti arrestati e conti bloccati”. Per loro si riferiva certamente alla sua amica Anna Bettozzi, in arte Bettz, per la cronaca Lady Petrolio. La cantante 64 enne, animatrice di salotti romani, ma soprattutto vedova del petroliere Sergio Di Cesare, era stata arrestata a maggio 2019 a bordo di una Rolls Royce (insieme all’attore Gabriel Garko) alla frontiera di Ventimiglia con 300mila euro nascosti in una scatola di stivali a gamba alta. In casa le furono trovati altri 1,4 milioni poi messi sotto sequestro. Lo scorso ottobre è arrivata la condanna in primo grado: 13 anni per riciclaggio di capitali mafiosi. L’amicizia con la Macchioni è confermata da molti ex collaboratori. “Era amica e cliente, le curava il sito e la pagina Facebook”, dice chi ci lavorava.
A sistemare i guai di Monica era anche la 70enne Maria Stella Giorlandino, imprenditrice miliardaria delle cliniche private Artemisia che dieci anni fa balzò agli onori delle cronache per essere sparita misteriosamente ed essere poi ricomparsa a Pompei, in preda a una sorta di crisi mistica. A lei, stando agli ex collaboratori, “Monica bussava per chiedere soldi per l’affitto e per sdebitarsi ogni tanto le faceva fare delle interviste o dei comunicati che scrivevamo noi. Alla fine è arrivata a 50mila euro di debito, poi siccome continuava a chiedere l’altra ci ha litigato”. Interpellata dal Fatto, Giorlandino risponde: “Nel corso della mia attività e professione ho incontrato la signora Macchioni, ma dopo pochissimo tempo ho compreso che più che un rapporto di collaborazione professionale si trattava di fare un’opera di bene. Ho cercato di darle più di un’opportunità, ma non è servito a nulla“.