Diritti

Cosa pensa Meloni del non voto sulla Convenzione di Istanbul? La nostra lettera aperta

Dov’era Giorgia Meloni quando Fratelli d’Italia e Lega si sono astenuti durante il voto per l’adesione dell’Unione Europea alla Convenzione di Istanbul? Se ci si chiede anche dove fossero le eurodeputate della Lega che, come donne, forse, dovrebbero avere a cuore il problema del femminicidio, una risposta parziale c’è: Susanna Ceccardi e Alessandra Basso erano in aula a votare contro un trattato che tutela le vittime di violenza e cerca di arginare un fenomeno che in Italia causa un femminicidio ogni 3/4 giorni.

Fortunatamente l’assemblea plenaria ha approvato l’adesione con 472 voti a favore, 62 contrari e 73 astensioni, superando la riottosità di Paesi che hanno sempre visto il documento come il fumo negli occhi. Come per esempio l’Ungheria di Viktor Orban, amico di Giorgia Meloni, che nel 2020 respinse la ratifica della Convenzione di Istanbul perché appoggia l’ideologia gender e distrugge l’unità famigliare.

Le motivazioni dell’astensione di FdI e Lega sono tanto fragili e manipolative quanto irritanti per la disonestà intellettuale. Carlo Fidanza, capodelegazione di Fratelli d’Italia- Gruppo Conservatori e Riformisti Europei e Vincenzo Sofo, eurodeputato (FdI) hanno dichiarato che l’astensione è stata determinata dal “metodo”: “Riteniamo problematico il fatto che per accelerare la ratifica della Convenzione da parte dell’Ue si sia deciso di procedere a maggioranza qualificata e non più all’unanimità. Un precedente pericoloso per future decisioni su nuovi accordi internazionali” poi hanno denunciato la “strumentalizzazione della Convenzione di Istanbul da parte delle sinistre arcobaleno che vorrebbero farne l’ennesimo cavallo di Troia per imporre l’agenda Lgbt” ; hanno poi aggiunto che “Chi lo fa è in realtà un nemico delle donne perché sono proprio le donne ad esserne le prime vittime”. E menomale che c’è chi bocciando una trattato contro la violenza alle donne ci indica pure chi sarebbe il nemico.

L’associazione nazionale D.i.Re ha scritto una lettera aperta alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, esprimendo preoccupazione per le parole di Carlo Fidanza e Vincenzo Sofo, perché il trattato internazionale ratificato dall’Italia nel 2013 ed entrato in vigore nel 2014, continua ad essere scarsamente applicato con “ricadute negative sui percorsi di uscita dalla violenza”. Le attiviste dei Centri antiviolenza sono costantemente in contatto con le donne e conoscono le lacune, le inadempienze, i ritardi istituzionali fino alla vittimizzazione secondaria.

Nella lettera, D.i.Re spiega di aver “già denunciato l’inadeguatezza delle risposte istituzionali in due ricerche qualitative pubblicate nel 2021 e 2022, e anche il Grevio (2020) e la Commissione di inchiesta sul Femminicidio della scorsa legislatura hanno messo in luce le criticità che ne rendono difficile l’applicazione, o come nel recente Rapporto delle organizzazioni di donne sull’attuazione della Convenzione di Istanbul in Italia. Uno degli ostacoli è la persistente sottocultura che alimenta discriminazioni e violenza e mantiene in essere asimmetrie di potere tra uomini e donne. Non può esserci nessuna evoluzione positiva nella condizione delle donne se quelle che arrivano a ruoli di potere e responsabilità non lavorano per abbattere le discriminazioni sessiste e non si impegnano per garantire la libertà dalla violenza di tutte”.

La lettera si conclude con una domanda a Giorgia Meloni: “Lei è la prima presidente del Consiglio in Italia, un Paese che conta una donna uccisa ogni tre giorni, che conta milioni di donne vittime di violenza maschile e che si colloca nella classifica sul Gender Gap del World Economic Forum al 63° posto. Che cosa ha intenzione di fare?”. Alessandra Bocchetti, femminista e scrittrice, dopo la nomina di Giorgia Meloni alla presidenza del Consiglio, sentenziò lapidaria: “Meloni ha rotto il soffitto di cristallo ma i cocci cadranno sulla testa di tutte le donne”. Non c’è stata immagine migliore per commentare la situazione.

@nadiesdaa