Cinema

Enrico Oldoini morto, addio a un mago della commedia italiana e al creatore del mitico Don Matteo

di Davide Turrini

Non è tutto cinepanettone quel che non luccica più. Se n’è andato la scorsa notte uno dei maghi della commedia italiana anni ottanta/novanta. Il regista e sceneggiatore Enrico Oldoini aveva 77 anni. Sbagliereste tutti a rinchiuderlo nella gabbietta dell’autore dei primi sequel di Vacanze di Natale dei Vanzina. In primo luogo perché Oldoini non poteva sapere cosa sarebbe successo dopo (quindi la moltiplicazione esponenziale dei sequel non è colpa sua); secondo perché Oldoini era un uomo colto, divertente, capace. Un grande ideatore di soggetti e creatore di script mai distrattamente banali o tirati via. Del resto sono sue diverse commedie non catalogabili tra i cinepanettoni (quello è Neri Parenti, così ad occhio, e senza offesa), oppure l’ideazione di Don Matteo: la serie originale italiana degli ultimi trent’anni più famosa al mondo, di cui Oldoini è stato soggettista, sceneggiatore e regista per tutta la prima trionfante stagione.

Spezzino, si trasferisce a Roma sul finire dei sessanta. Prima tenta la strada universitaria poi l’Accademia per diventare attore, ma alla fine è la scrittura a rubargli l’anima. L’esordio è nel 1976 (anche come attore) con il bolognese Paolo Cavara e Bernardo Zapponi per lo script del thriller E tanta paura. Ancora con Cavara scrive soggetto e sceneggiatura di Così come sei (1978) per la regia di Alberto Lattuada e con interpreti Marcello Mastroianni e la splendida Nastassja Kinski. Nel 1979 grazie alla collaborazione con Pasquale Festa Campanile prende le misure della commedia sexy, qui con un certo spessore letterario da provincia settentrionale, per Il corpo della ragassa, successo commerciale con il trio Salerno-Montagnani-Lilli Carati. Il sodalizio con Pasquale Festa Campanile continua solido (Qua la mano, Manolesta, Nessuno è perfetto, Bingo Bongo) dove Oldoini crea script assieme a Franco Ferrini e intanto fa la conoscenza del milieu comico del momento, soprattutto Renato Pozzetto, Adriano Celentano e Carlo Verdone per il quale scrive Borotalco.

Il debutto alla regia avviene nel 1984 con una commedia classica e malinconica: Cuori nella tormenta. Interpreti proprio Verdone, Lello Arena e l’allora in auge Marina Suma. L’anno successivo con Zapponi scrive e poi firma la regia di Lui è peggio di me, forse la commedia più surreale interpretata dal Celentano attore assieme a Pozzetto, comunque ottavo incasso della stagione in Italia. Nel 1985 Oldoini subentra alla ditta Vanzina nel mini franchise di Yuppies, girando la parte seconda. Film meno immediato e spottoso del primo, più narrativamente stratificato, con protagonisti i big della comicità italiana del periodo (Boldi, Greggio, Calà, De Sica): parliamo del secondo film più visto dell’anno con 14 miliardi di incassi dietro a Il nome della rosa. Nel 1987 è il momento del più sottovalutato e più brillante titolo dell’Oldoini regista: Bellifreschi. Christian De Sica e Lino Banfi sono due cantantucoli italiani pasticcioni che negli Stati Uniti uccidono accidentalmente un noto riccone californiano. Per loro inizia una lunga fuga dalla polizia di mezza America e il travestimento da donna che li salverà almeno fino a quando un ricco e anziano italoamericano non si innamorerà di Banfi/Dolores. Ispirato al cult di Wilder A qualcuno piace caldo, Bellifreschi è una commedia dal ritmo pazzesco, con un totale e travolgente accumulo di gag da far ribaltare sulla poltrona.

Successivamente Oldoini dirige il patinato Bye bye Baby con una Milano da bere ad altezza cuore e amore con Luca Barbareschi, Carol Alt e l’allora star Brigitte Nielsen. Poi tocca ad una commedia da rivalutare, Una botta di vita con Alberto Sordi e Bernard Blier e infine i due sequel di Vacanze di Natale dove si comincia a costruire la coppia Boldi-De Sica (qui coadiuvata da Nino Frassica e Andrea Roncato). Tra il 1992 e il 1993 assieme a Giovanni Veronesi, Oldoini scrive e dirige Anni 90 e Anni 90 parte seconda, film ad episodi, per certi versi commedia al vetriolo su costumi e politically correct dell’epoca. In particolare l’episodio La Paura, con Frassica e Roncato che di notte, dopo aver giocato a squash prendono per caso la metropolitana e dopo essere scesi e aver visto due tizi strani dietro di loro iniziano a fuggire. I due dietro di loro vedendo questi correre temono di avere a loro volta qualcuno alle spalle che li possa infastidire e per paura scappano anche loro.

Il meccanismo, insomma, si ripete all’infinito per decine di coppie, per questa insensata e immotivata fuga da una paura inesistente. Oldoini uscirà di sua sponte dal cerchio magico delle produzioni De Laurentiis (“Credo di essere stato l’unico regista al mondo che, con un una serie di film campioni di incassi, s’incupiva sempre di più”, spiegò nella sua autobiografia edita da Harpo) e per dedicarsi alla tv: prima con Dio vede e provvede e infine dal 2000 azzeccando l’idea di Don Matteo. Un dato curioso: il regista spezzino non voleva Terence Hill come protagonista bensì Lino Banfi. La scelta dell’ex Trinità fu voluta dalla Lux Vide che dopo l’intuizione iniziale del 1998 portò Oldoini lontanissimo da Don Matteo. Fu Mario Girotti a convincere Oldoini a riprendere in mano il suo progetto con lui protagonista. “Terence Hill, entrando in terrazza, mi trovò ansimante mentre soffiavo disperatamente sul barbecue sollevando inutili fumate nere – spiegò Oldoini. “Con quella sua tipica espressione serena, l’aria dinoccolata ed elegante dell’eroe del West, mi fece capire che stavo sbagliando e mi mostrò come dovevo fare per riattivare il fuoco”.

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