L’ultima semifinale europea del Bayer Leverkusen risale al 2002, annata che appiccicò al club il poco esaltante nomignolo di Neverkusen dopo che un potenziale triplete si concluse con una sconfitta su tutti i fronti: finale di Champions League persa contro il Real Madrid, finale di Coppa di Germania persa contro lo Schalke 04, Bundesliga sfuggita di mano alla penultima giornata a favore del Borussia Dortmund dopo aver dominato per oltre metà stagione. Più di vent’anni dopo, il Bayer torna tra le migliori quattro in una coppa internazionale in una situazione diametralmente opposta: non più squadra in fuga che arranca nel finale, ma inseguitrice capace di ribaltare una stagione che appariva compromessa. Un cambio di marcia arrivato grazie alla forza delle idee: quelle del tecnico Xabi Alonso, alla prima esperienza in un campionato di massima divisione, e quelle della dirigenza, abile nell’intuire le potenzialità di un ex campione che però in panchina aveva ancora tutto da dimostrare.

Xabi Alonso ha assunto la guida del Bayer lo scorso ottobre alla nona giornata di campionato, con la squadra reduce da una brutta sconfitta per 4-0 contro il Bayern Monaco. Sprofondato al penultimo posto della Bundesliga, bisognava risalire al 1979 per trovare un inizio di stagione così negativo per il Bayer. Senza contare l’uscita dalla Coppa di Germania già a luglio per mano dell’Elversberg, società di terza divisione. Un malessere che aveva condizionato anche la campagna europea della squadra, con tre sconfitte nelle prima quattro partite del girone di Champions League, rispettivamente contro Brugge (in panchina c’era ancora il vecchio tecnico Gerardo Seoane) e – due volte – Porto (entrambe maturate nelle prime due settimane di lavoro di Xabi Alonso), che avevano precluso l’avanzamento alla fase a eliminazione diretta. Da ottobre, però, il Bayer ha cambiato marcia cominciando a macinare punti, tanto che dalla nona giornata di Bundesliga in avanti solo Bayern Monaco e Borussia Dortmund ne hanno raccolti di più. E in Champions è riuscito ad agguantare il terzo posto ai danni dell’Atletico Madrid, gettando le basi per l’avanzata in Europa League.

Non è scontato che giocatori capaci di distinguersi in carriera, tra le altre cose, per una straordinaria intelligenza calcistica in campo, riescano poi a convertire in maniera efficace questa capacità una volta passati sulla panchina. Basta pensare a campioni quali Frank Lampard o Andrea Pirlo. Rispetto a quest’ultimo, Xabi Alonso ha scelto di prendersi il proprio tempo, partendo dal basso per prendere confidenza con la professione e sperimentare le proprie idee in ambiti con poca pressione: un anno nelle giovanili del Real Madrid, tre con la Real Sociedad B, con una promozione in Segunda División nel 2021 e una retrocessione dodici mesi dopo. Un approccio paziente e meticoloso che ha dato i propri frutti, tanto a livello di campo quanto di spogliatoio, con una squadra completamente rigenerata dopo il pessimo inizio. Come ha dichiarato il direttore sportivo delle Aspirine Simon Rolf: “Oggi il Bayer è una squadra unita, compatta e coerente, ma i giocatori sono cresciuti anche come elementi singoli, migliorando in termini di posizionamento, interpretazione del gioco, comportamenti in campo”.

Xabi Alonso ha giocato (e vinto) per buona parte delle propria carriera in un 4-3-3. Un modulo che non adotta da allenatore, preferendo un sistema fluido che può essere descritto come un 5-2-3 molto compatto, modellabile secondo le caratteristiche dell’avversario. Nella ricostruzione del Bayer lo spagnolo è partito dalla difesa, schierata con tre centrali oppure a quattro, per uno switch continuo garantito dalla presenza di due elementi quali Odilon Kossounou e Piero Hincapiè, entrambi con un passato da terzini e quindi abili all’occorrenza ad allargarsi e, sopratutto il nazionale ecuadoregno, a cercare la profondità. C’è un dato che riflette l’ottima organizzazione difensiva del Bayer e sono gli Expected Goals concessi: con 24,1 la squadra è seconda solo al Red Bull Lipsia nel concedere il minor numero di occasioni da gol possibili agli avversari.

Un dato ancora più facile da leggere, e che fornisce ulteriori informazioni sul calcio proposto da Xabi Alonso, riguarda la produttività degli esterni, in particolare quello di destra, l’olandese Jeremy Frimpong: nei cinque principali campionati europei nessun pari ruolo vanta i suoi numeri, che parlano di 9 reti e 10 assist totalizzati. Un’impennata di rendimento che lo scorso novembre non era sfuggita a Louis van Van Gaal, il quale lo aveva incluso tra i convocati della selezione olandese per il Mondiale in Qatar. Agendo come ala aggiunta in proiezione offensiva, Frimpong permette a Moussa Diaby, uno degli attaccanti esterni più veloci della Bundesliga, di sfruttare la propria velocità in porzioni più centrali del campo. Se a sinistra le situazioni più pericolose derivano dalle invenzioni, e dai dribbling, del francese Amine Adli, a destra è la partnership ben assemblata tra Diaby e Frimpong a costituire una delle armi migliori dei tedeschi.

L’utilizzo come falso nove di Florian Wirtz, talento pienamente recuperato dopo il brutto infortunio ai legamenti patito più di un anno fa, dice molto sulla fluidità tattica del Bayer. Ma anche sulle intuizioni di Xabi Alonso: Wirtz a Leverkusen si era imposto giovanissimo come numero 10 dinamico, ma lo spagnolo lo preferisce in posizione più avanzata, con il compito di attirare su di sé i difensori e creare spazi per i compagni, Diaby in primis. Un alto punto interessante della squadra di Leverkusen, che sabato perdendo in casa contro il Colonia ha interrotto una striscia di 14 risultati utili consecutivi tra Bundesliga e Europa League, riguarda il non essere una squadra dipendente dalle proprie stelle. Nel corso della stagione si sono infortunati titolari fissi quali Edmond Tapsoba, Patrik Schick e Exequiel Palacios, ma la squadra non ne ha risentito, proponendosi come un laboratorio interessante – e anche piacevole da vedere – gestito da un tecnico che sta avendo successo proponendo un calcio completamente diverso da quello che era abituato a giocare. Un ulteriore esempio della modernità di Xabi Alonso.

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