La Spagna vive una costante campagna elettorale. Da mesi si susseguono comizi e sondaggi sulle consultazioni regionali di primavera, considerate un test attendibile per le elezioni politiche di fine anno. Secondo le proiezioni i buoni dati annunciati in economia non sembrano avere un riflesso sulle aspettative della politica.
Quasi tutti i rilevamenti degli istituti demoscopici non traducono in consensi per l’esecutivo di sinistra i dati forniti dalla Seguridad social – la nostra Inps – che pochi giorni fa ha reso pubblico il record di affiliazioni (oltre 20 milioni) all’istituto previdenziale. Il tasso di occupazione raggiunge livelli mai conosciuti prima: 240mila i nuovi occupati e il numero di disoccupati, per la prima volta dal 2008, si colloca al di sotto dei 3 milioni di persone.
Un regalo straordinario per qualsiasi governante che si appresta ad affrontare le insidie della competizione elettorale. Un dato a cui è da aggiungere un particolare di non poco conto, la pace sociale sigillata tra l’organizzazione degli industriali e i principali sindacati, un sofferto accordo che prevede un aumento salariale pari al 4% per il 2023 con una ulteriore crescita del 3% nei prossimi due anni.
Un risultato tutt’altro che scontato, voluto principalmente dal premier Pedro Sánchez e dalla ministra del Lavoro Yolanda Díaz, leader di Sumar, nuovo rassemblement di sinistra, i quali nell’ultimo anno hanno lavorato al fianco delle parti sociali. Non è un caso che il patto sia stato apertamente osteggiato dai Populares, capaci di esercitare non poche pressioni sulla patronal, ufficialmente per limitare le strumentalizzazioni di un esecutivo giudicato poco credibile dai conservatori, di fatto per parare il colpo della potente retorica governativa che ne sarebbe seguita. Ed infatti il ‘sanchismo’ in queste settimane ha fatto bandiera dei risultati in economia e nel mondo del lavoro, tuttavia le intenzioni di voto sono impietose continuando ad attestare un’avanzata significativa della destra, a tal punto che la stessa dottrina politica è chiamata a rivedere il consolidato paradigma secondo cui i dati sull’occupazione rappresentano il principale indicatore sulla salute di un governo.
Oggi è forse l’inflazione galoppante ad incidere di più negli orientamenti politici, e seppur la campagna non sia formalmente iniziata, il premier Sánchez prova a raddrizzare per tempo una rotta incerta mettendo in campo tutti gli strumenti utili, compresa la macchina della propaganda fondata sulla tecnica della anticipazione in ogni nuovo comizio delle misure che verranno adottate nel seno del Consiglio dei ministri.
Yolanda Díaz, invece, forte dei risultati acquisiti come ministra del Lavoro, prova a recuperare la scena esaltando la qualità delle riforme volute dal suo dicastero, leggi capaci di combattere la precarietà attraverso una robusta conversione dei contratti a termine in rapporti indeterminati. E in un recente intervento parlamentare ha annunciato con orgoglio modifiche anche nei protocolli di prevenzione sui rischi assicurando a coloro che lavorano all’aperto la cautelativa sospensione delle attività durante le intense ondate di calore che si abbattono sulle regioni devastate da un livello di siccità mai conosciuto prima. La qualità delle misure legislative sul lavoro, secondo la ministra, segnerebbe un solco profondo tra il governo spagnolo e l’esecutivo guidato dal premier Meloni, hanno creato non pochi dissapori negli ambienti politici romani le sue dichiarazioni sulle ‘leyes basura’ (leggi spazzatura) volute in Italia su reddito di cittadinanza e contratti a termine. Una critica diretta a colpire Vox, l’ultradestra alleata di Fratelli d’Italia che condivide molte delle azioni intraprese dal governo Meloni in campo economico.
Al di là delle polemiche transnazionali, le elezioni locali nelle importanti regioni di Madrid e di Valencia preoccupano i socialisti, la comunidad della capitale sembra confermarsi appannaggio della destra, più incerta è la partita che si gioca nella regione di levante. Valencia negli ultimi anni è divenuta un importante baluardo della sinistra e potrebbe resistere, con uno scarto minimo, all’onda di destra.
Sulle elezioni locali del prossimo 28 maggio sono puntati tutti i riflettori della politica nazionale, e saranno anche i risultati delle isole – le Canarie e le Baleari -, e del nord, Asturie e Navarra, regioni governate dai socialisti, a dire se la continuità o il ricambio nei Parlamenti locali può essere l’anticamera di quanto si vedrà nelle consultazioni di dicembre.
Intanto una campagna locale già anomala si aprirà il prossimo venerdì con la concomitante visita del premier spagnolo nel cuore del potere mondiale, lo studio ovale della Casa Bianca. Gli ambienti vicini a Joe Biden si sono affrettati a precisare che la data dell’incontro fu decisa dal presidente americano che nulla sapeva delle elezioni locali.
E c’è da crederci.