Confindustria batte dove il cuneo duole. Chiodo fisso dell’associazione delle imprese italiana, la mini riduzione temporanea di tasse e contributi varata dal governo Meloni non basta. “Nell’ottica di sostenere la domanda interna, strategica per la crescita del nostro Paese, riteniamo che le misure di riduzione del cuneo contributivo adottate nel 2023 da questo governo, non solo devono essere strutturali (per ora il nuovo taglio avrà una durata di soli 6 mesi, ndr), ma anche essere affiancate da interventi di riduzione del prelievo fiscale sulle persone fisiche”, ha affermato stamane Emanuele Orsini, uno dei 13 vicepresidenti di Confindustria , in audizione presso la commissione Finanze della Camera, precisando di “apprezzare” la scelta del governo di procedere “ad una riforma graduale dell’impianto attuale, compatibilmente con gli attuali vincoli di finanza pubblica”. Giova sempre ricordare che sebbene contributi e tasse siano materialmente versati dalle imprese, il loro peso grava fondamentalmente sui lavoratori visto che il datore di lavoro può agire sul valore complessivo della retribuzione riducendo il netto in busta paga.
Confindustria, afferma Orsini, “apprezza l’approccio metodologico adottato”, “un’impostazione che punta, in un arco temporale ben definito, ad un intervento complessivo di riforma del sistema fiscale al quale le imprese sono pronte a dare un contributo concreto”. “Maggiori dubbi sorgono sulle ipotesi di flat tax incrementale sugli aumenti contrattuali dei dipendenti (ovvero un’aliquota al 15% da applicare sulla parte di salario frutto di un incremento retributivo, ndr). Un sistema di difficile attuazione a fronte del quale proponiamo invece di potenziare le agevolazioni sui premi di risultato, oltre all’aggiornamento delle voci non imponibili ai fini Irpef, ferme ai valori di oltre 25 anni fa”. Preoccupa anche “L’intenzione del governo di sostituire l’Irap con una sovraimposta dell’Ires desta preoccupazione”, anche se “alla luce delle numerose criticità del tributo, Confindustria da anni ne sollecita il superamento“, la sostituzione dell’Irap con una sovraimposta Ires, “tuttavia, annullerebbe, di fatto, un qualsiasi beneficio dell’Ires a doppia aliquota e collocherebbe l’Italia tra i Paesi europei con la più elevata tassazione sui redditi delle società, con una significativa distanza dalla media UE e con effetti negativi sulla competitività internazionale e attrattività del sistema fiscale italiano”.
La critica più grave attiene però al reperimento delle risorse. “Resta poco decifrabile il tema delle coperture finanziarie per l’attuazione della riforma fiscale”, afferma Orsini, vicepresidente Confindustria per il credito, la finanza e il fisco in audizione alla Camera. “Una prima fonte di entrate potrebbe venire dalla revisione delle agevolazioni fiscali“, spiega il vicepresidente degli imprenditori. Dei 226 crediti di imposta da sfoltire per recuperare risorse, “salvaguardando alcune istanze, vi sono sicuramente ambiti nei quali sarebbe auspicabile una razionalizzazione, non intervenendo però a colpi di scure, trascurando le esigenze di certezza del diritto e di programmazione degli investimenti”. Rispondendo a una domanda Orsini ha spiegato che “le tax expenditure impattano sul sistema imprese per circa 14 miliardi di euro”.