Matteo Zuppi ammette di aver avuto dei dubbi sulla sua vocazione e di essere stato innamorato. “Ma ero più innamorato di Gesù. Non ho dovuto lasciare nessuna!”, dice arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana, in un’intervista a Repubblica. “Ho deciso di diventare prete all’università – racconta il cardinale – Avevo incontrato la Comunità di Sant’Egidio e ne ero stato coinvolto. C’era una passione viva, radicale, spirituale e umana. Dubbi? Certo che sì. Il confronto con la propria debolezza e il peccato c’è sempre. Ma ero in una compagnia, un popolo sacerdotale e di laici molto impegnato. Questo mi ha aiutato molto perché la Chiesa è comunione”.
Il giornalista chiede: si è mai innamorato? “Sicuramente. Ma ero più innamorato di Gesù. Non ho dovuto lasciare nessuna!”. L’idea che prendere i voti e farsi prete dia una certezza grazie alla vocazione “è una visione sbagliata, purtroppo qualche volta confortata quando abbiamo pensato che la santità significasse un modello perfetto, senza umanità, tanto da essere quasi disumana”. Zuppi spiega che “anche il santo fa una grande fatica a trovare le risposte. Lo leggiamo anche nel Vangelo, che non è elisir di benessere, ma proposta di amore a persone che lo cercano ma ne hanno paura o pensano sia possesso. I discepoli spesso esitano, dubitano, non capiscono, interpretano Gesù con le categorie del mondo. Il Vangelo è un testo molto più umano di come spesso l’abbiamo raccontato. E poi il cardinal Martini diceva: ‘Dentro ogni credente c’è un incredulo”.
In merito agli scandali e ai conflitti intestini al Vaticano, Zuppi afferma: “Ci sono stati, certo: ma la Chiesa non è la comunità dei perfetti. È fatta di uomini, e gli uomini sono peccatori. Però il Vaticano non è una banda di mascalzoni. Casta meretrix”. Gli viene chiesto che cosa pensa delle accuse a Wojtyla sul caso Orlandi. “Che sono inqualificabili – risponde il cardinale -. Mi spiace dirlo, ma chi le ha pronunciate così perde credibilità. Certe ricostruzioni forse sono frutto di un cuore ferito. Tanta vicinanza alle ferite: ma queste non giustificano le calunnie”. Ma il cardinale Zuppi come immagina la morte: “Dico come la vorrei affrontare. Da lucido, potendole dire: ‘cara sorella morte, vieni, non mi metti paura. Ci resterà male! Ma non sono sicuro che ci riuscirò. Conosco la mia fragilità”, risponde.