di Luigi De Falco*

Gli studenti in tenda nelle piazze a Roma e Milano hanno il merito di aver sollevato una questione sociale fondamentale: l’enorme bisogno abitativo dei ceti popolari a cui l’edilizia sociale non risponde più da troppi decenni. Le politiche urbanistiche che hanno praticamente azzerato gli investimenti in edilizia sociale e le dinamiche turistiche che stanno rapidamente trasformando i centri storici in grandi contenitori di strutture ricettive (il fenomeno dei B&B sempre più diffusi) e ristorative (il dilagare dei tavolini sulle strade dei centri storici è l’effetto più plastico) stanno sempre più estromettendo larga parte della popolazione residente dalle nostre città.

Di questo bisogno abitativo, gli studenti sono l’anello più debole e quindi i primi a subire le barbariche condizioni imposte dalle leggi del mercato a chi cerca una sistemazione decorosa nel tentativo, già difficile, di esercitare il diritto allo studio. Le casistiche riferite dagli studenti sono tristemente diffuse e testimoniano di pratiche incivili di stanze ricavate da sgabuzzini, prive di abitabilità e dei requisiti di salubrità necessari e di prezzi astronomici. La carenza di edilizia sociale ha, però, anche un altro risvolto che incide sulla sicurezza delle città: il fenomeno delle occupazioni illegali di appartamenti dell’edilizia pubblica e della trasformazione in focolai di degrado degli edifici abbandonati, spesso strutture industriali, ma anche di edilizia scolastica e ancor peggio edilizia storica, occupati da senza casa. Illegalità diffusa che ha portato anche all’occupazione di studentati da parte di incapienti, in una guerra tra poveri in cui si comprende come gli studenti, per la natura temporanea delle loro esigenze, siano destinati a perdere.

La trasformazione dei centri storici in enormi contenitori turistici sta cambiando anche un centro storico storicamente popoloso e popolare come quello di Napoli, dove addirittura i “bassi” stanno progressivamente sparendo, trasformati dal marketing in “pittoresche residenze napoletane” per turisti in cerca di emozioni artatamente autentiche.

Alcune città storicamente universitarie, che raccolgono bacini di utenza da specifiche aree del Paese e che quindi hanno una forte presenza di fuorisede, come Bologna e Napoli ma anche Roma e Torino, traevano dagli studenti linfa vitale per i quartieri, con aree specifiche dove fioriva una microeconomia a servizio dei bisogni degli studenti (dalla copisteria al centro sociale, alle attività del commercio al minuto). Una zona un tempo degradata come San Lorenzo a Roma ha iniziato ad essere recuperata proprio dagli studenti, che adesso sono sospinti lontano dalla successiva trasformazione in quartiere di nuova residenzialità “gentrificata”.

La politica del laissez faire ha eroso nel tempo anche le mense universitarie, pilastro del diritto allo studio decenni or sono, àncora di salvezza per tanti studenti fuori sede. Ora resistono solo in forma ridotta, con prezzi per nulla lontani da quelli di mercato, e per sostenere gli studenti non si è trovato di meglio che erogare sovvenzioni ai pochi percettori di borse di studio con somme irrisorie e inefficaci.

Il problema si potrebbe affrontare intraprendendo una decisa politica di edilizia residenziale destinata agli studenti quale soluzione anche per la rigenerazione di aree in progressivo abbandono o aree a rischio degrado. Infatti, anche se le sedi universitarie, un tempo nei centri storici delle città ma progressivamente sospinte verso le periferie, possano rappresentare motori di recupero di compendi urbani periferici a rischio degrado, non può trascurarsi che esse debbano essere integrate dei servizi mancanti e dei collegamenti. Un esempio è offerto dal moderno insediamento in località Monte Sant’Angelo del polo scientifico della Università Federico II di Napoli, ubicato – va ricordato e sottolineato perché emblematico di tante realizzazioni nelle periferie – in un luogo derogando dalle previsioni originarie del prg del 1972 che lo destinava a parco urbano. Fatta la sede universitaria negli anni ’90, oggi si lavora per raggiungerla con la metropolitana (forse nel 2025, perché per ora c’è solo la stazione). Nell’insediamento universitario hanno sede i Dipartimenti di Biologia, Fisica, Matematica, Chimica, Economia e Statistica, con le Biblioteche delle Aree di Economia e di Scienze, contando anche un importante Centro Servizi per l’Inclusione Attiva e Partecipata degli Studenti. Gli studenti viaggiano dalle rispettive residenze prevalentemente in auto, data la scarsità di collegamenti pubblici, ancora prevalentemente su gomma, parcheggiando alla men peggio.

Proprio di fronte all’insediamento universitario si trova un complesso scolastico, abbandonato da decenni, di proprietà dalla Città Metropolitana di Napoli, che ben potrebbe essere recuperato e destinato a studentato a servizio degli studenti i quali, solo attraversando la strada, troverebbero alloggio a prezzi che, seppure calmierati, potrebbero non di meno ripagare i costi di gestione. La Città Metropolitana potrebbe beneficiare dei fondi messi a disposizione dal governo e avviare, attraverso il recupero di edilizia dismessa, un primo esempio efficiente e certamente efficace di rigenerazione urbana a fini sociali in tempi rapidissimi, anche a vantaggio del quartiere nel quale la struttura resta compresa.

*Consigliere nazionale di Italia Nostra, architetto, già assessore all’urbanistica a Napoli

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