Spaccati nel centrodestra, divisi nel centrosinistra e il ballottaggio lì, dato per scontato da tutti. Dopo un quinquennio di amministrazione senza cadute anticipate né indagini che hanno travolto gli uffici del Comune, una specie di record in città negli ultimi vent’anni, Brindisi torna al voto. E lo fa dopo una campagna elettorale spogliata dei temi che avevano caratterizzato le precedenti – a iniziare dal futuro della centrale a carbone dell’Enel – e senza guizzi né bordate tra i principali candidati. Una campagna all’insegna al fair-play, per ragioni di intrecci passati e rischio di future alleanze forzate. E sarà anche che tre candidati sindaci su quattro hanno le loro radici politiche ancorate nel centrosinistra, compreso l’uomo scelto dal centrodestra, Giuseppe Marchionna, che negli Anni novanta fu sindaco della città con il Psi prima di venire disarcionato da un’inchiesta giudiziaria poi finita nel nulla. Il suo nome ha dilaniato la coalizione di governo, finendo per spaccarla.
Il ministro per gli Affari europei e il Pnrr, Raffaele Fitto, avrebbe voluto che a rappresentare il centrodestra fosse Pietro Guadalupi, giovane ex presidente del consiglio comunale. Ma il deputato brindisino di Fi Mauro D’Attis ha vinto la battaglia interna con l’uomo forte di Giorgia Meloni sul territorio ottenendo la candidatura del socialista Marchionna, che negli anni passati è stato apprezzato (e ha apprezzato lui) anche dal Pd ottenendo la guida della società Santa Teresa, partecipata dalla Provincia che all’epoca era guidata dal centrosinistra ed è stato poi confermato da Riccardo Rossi, sindaco uscente di Brindisi e intanto divenuto presidente della Provincia. Battaglia c’è stata anche nel centrosinistra, con Rossi uscito sconfitto dalle scelte dei partiti con i quali ha governato nell’ultimo quinquennio. Dopo aver guidato una coalizione che comprendeva il Partito Democratico, la civica Ora tocca a noi e i partiti di sinistra, oltre al movimento Brindisi Bene Comune, Rossi si è ritrovato isolato dai dem e correrà sostenuto da una lista unica nella quale sono confluiti Sinistra italiana e Verdi.
Il Pd e Ora tocca a noi, invece, hanno scelto l’alleanza con il Movimento Cinque Stelle a sostegno di Roberto Fusco, avvocato civilista già nel Consiglio di amministrazione della Banca Popolare di Bari dopo il crac della gestione Jacobini. Fusco – candidato del M5s nell’uninominale al Senato lo scorso settembre raccogliendo un buon risultato in una tornata dominata dal centrodestra – negli scorsi decenni è stato spesso in prima linea (in punta di diritto) nella battaglia ecologista contro il rigassificatore voluto dal governo Berlusconi in città e contro la centrale a carbone di Enel. E nel 2012 aveva già provato una volta a diventare sindaco con una lista civica e l’appoggio di Italia dei valori e Federazione della sinistra. Raccolse il 6,7% in un’elezione vinta al primo turno dal giornalista Cosimo Consales, candidato dal centrosinistra e poi travolto da un’indagine che portò al suo arresto con l’accusa di corruzione. Ora l’alleanza “progressista” di ricompatta sul nome di Fusco, molto vicino a Giuseppe Conte, che durante la campagna elettorale si è già visto a Brindisi e ci torna anche nell’ultimo giorno di comizi prima del silenzio elettorale.
Non è andata (ancora) in città Elly Schlein, nonostante il capoluogo di provincia pugliese sia tra i comuni più grandi chiamati alle urne. Essendo quasi scontato il ballottaggio, i dem locali sono confidenti che la segretaria arriverà in città – in accoppiata con Conte? – durante le due settimane che seguiranno il voto di domenica e lunedì. Con ogni probabilità Fusco – sostenuto anche da una sua civica e da Impegno per Brindisi, lista intessuta dal sindaco di Mesagne ed ex deputato Toni Mattarelli – sarà della partita con Marchionna. Entrambi dovranno parare i colpi delle “minoranze” dei rispettivi schieramenti. Anche a destra, infatti, come avvenuto con Rossi che ha scelto di tentare il bis in solitaria, c’è un incomodo per i partiti tradizionali. Lo strappo consumatosi attorno al nome di Marchionna ha prodotto la candidatura di Pasquale Luperti. Ex assessore all’Urbanistica della giunta Consales e ras dei voti ogni volta che è stato candidato come consigliere, figlio di un boss della Scu ucciso in un agguato sul finire degli Anni novanta, Luperti è sostenuto dal Movimento Grande Salento e dalla civica Uguaglianza cittadina.
Per capire l’aria che tira, Luperti – imputato per falso ideologico in un processo relativo agli anni del suo assessorato – e Marchionna governarono insieme nella giunta di centrosinistra di Consales – Marchionna era vice-sindaco, poi si dimise – e a pochi giorni dal voto gli attacchi più feroci al candidato di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia – sostenuto anche dal Partito Repubblicano che a Brindisi fa riferimento a Giovanni Antonino, ex sindaco che patteggiò per corruzione – sono arrivati proprio da parte di Luperti per l’incarico nella società Santa Teresa e per la candidatura come consigliera di una lavoratrice precaria della stessa società. Nel centrosinistra i toni sono stati molto più bassi, anche se Rossi, che vinse cinque anni fa dopo anni di battaglie ambientaliste, ha mal digerito il mancato appoggio del Pd, contro il quale ha lanciato diverse bordate.
Fusco è stato molto attento a parlare di un’amministrazione che tutto sommato ha lavorato bene motivando la sua candidatura con la necessità di “fare di meglio” e” più velocemente”. I temi della campagna elettorale? Sono assai rimasti sullo sfondo, ruotando principalmente attorno allo sviluppo del porto in una città che, dopo anni di focalizzazione attorno al polo industriale, vede a un passo la fine di un’era occupazionale grazie a chimica e carbone, comparti travolti dalla transizione ecologica. Il tutto con il bilancio in “predissesto”, dichiarato da Rossi e che ha portato all”approvazione – e nel 2022 alla rimodulazione – del piano di riequilibrio finanziario pluriennale. Chiunque ne uscirà vincitore avrà la strada in salita.