“Chiamatemi pure dottor Giorgio Armani”. E’ con gli occhi lucidi e la voce incrinata dall’emozione che “Re Giorgio” scherza con i giornalisti al termine della cerimonia di consegna della laurea honoris causa in Global Business Management dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, la città che lo ha visto nascere e di cui conserva ricordi d’infanzia, come i “giri in bicicletta sul Trebbia, ma anche gli orrori della guerra”. Per lui è il quinto riconoscimento accademico della sua carriera ma ha un “valore doppiamente speciale” perché premia “il mio ruolo di imprenditore, l’impegno e la passione” ma anche perché “mi viene conferito nella mia città natale, in un luogo magico che mi affascinava da bambino. Da Piacenza sono partito per Milano, ma le mie radici sono rimaste qui”, come ha spiegato dopo aver salutato affettuosamente le studentesse e gli studenti che lo applaudivano numerosi in platea al Teatro Municipale della cittadina emiliana. Proprio a loro lo stilista si è rivolto nel suo accorato discorso di ringraziamento, parlando con fare paterno: “Vorrei, con la mia storia, essere un esempio, uno stimolo e ricordare a tutti che il lavoro vero porta lontano”, ha detto loro. “Io sono un creativo razionale, ma la spinta nasce sempre dalla passione, da un’intuizione e dal desiderio bruciante di realizzarla. Ogni idea, in fondo, è frutto di un innamoramento e questo lavoro, che per me è la vita, è un atto continuo di amore. Anche a voi raccomando di coltivare l’amore per ciò che fate con rispetto di chi vi è vicino. Con l’amore si arriva lontano”, ha sottolineato parlando dal palco, con toga e tocco, e vincendo la timidezza. Quindi una riflessione molto intima: “Questa laurea mi ha obbligato a ricordare il percorso che ho fatto fin qui, molto impegnativo, dimenticando me stesso. E questo è molto grave. Lavorate, ma non dimenticatevi mai di chi avete con voi, che sia il gatto o la mamma o il cane o la fidanzata. Andando avanti, avrete bisogno di persone che vi stiano accanto”.
Da qui il ricordo di Sergio Galeotti, socio fondatore, insieme a lui, della Giorgio Armani s.p.a.: “E’ stato il primo a credere davvero nel mio talento e con lui, nei primi dieci anni di lavoro, abbiamo costruito le basi: Sergio si occupava del business, io della creatività. Il destino però mi ha messo a dura prova e a seguito della scomparsa del mio socio, per far sì che la Giorgio Armani sopravvivesse, ho dovuto occuparmi io stesso dell’azienda, oltre che dell’aspetto stilistico – ha detto ancora lo stilista raccontandosi a cuore aperto con gli studenti dell’ateneo -. Molti pensavano che non ce l’avrei fatta, ma grazie alla mia caparbietà, all’aver vinto la sempre presente timidezza e al sostegno delle persone a me vicine, verso le quali ho un debito di riconoscenza, sono riuscito ad andare avanti”. E ancora: “Con coraggio e fiducia, ho sempre coltivato con fierezza, difendendola, la mia indipendenza. Ascolto il parere degli altri, ma sono io che prendo le decisioni, soppesando sempre rischi e benefici, con un grande senso di responsabilità”, ha scherzato tra gli applausi del pubblico. Tanta l’emozione per lui ma anche per tutti i presenti, inclusi i tanti concittadini che lo hanno atteso all’uscita dal teatro per un vero bagno di folla chiedendogli autografi come si fa con le star. Grande commozione, poi, quando un bimbo gli si è avvicinato timidamente per una foto e, dopo aver salutato lo stilista, non ha trattenuto le lacrime di gioia. Proprio guardando alla sua Piacenza, il signor Armani ha ricordato quando “da piccolino mia madre mi portava dalla mia camera al rifugio anti-bombe. Nel cuore della notte, erano momenti terribili. È sicuramente un brutto ricordo ma è uno dei più fervidi”. Quasi una lectio magistralis la sua, sicuramente una lezione di vita fatta in punta di piedi e con la saggezza di un uomo che ha saputo difendere e rivendicare sempre la sua libertà di pensiero.
A consegnargli la pergamena è stato il Rettore dell’Università Cattolica, il professor Franco Anelli che, stilando nel suo discorso un bilancio complessivo della figura di Armani, ha sottolineato come la laurea che gli è stata conferita “non è una celebrazione retrospettiva, ma una tappa di un percorso creativo dal quale ancora molto ci attendiamo“. Quindi il professor Anelli ha voluto mettere l’accento su come Re Giorgio abbia assunto, “in tutte le sue implicazioni, la dimensione problematica del tempo. La durata, per Armani, è una scelta che riguarda la forma e il contenuto: classicità delle linee e qualità della materia parlano di un prodotto pensato per resistere con disinvoltura all’esaurirsi di una collezione. Ma la novità della sua proposta ha a che fare con la sensibilità e la tempestività nell’interpretare attitudini, ruoli e funzioni dell’uomo e della donna contemporanea, senza forzature: ‘Essere se stessi, ma al meglio’. In questo senso si può parlare di classicismo di Armani, non come petitio principii, ma come prodotto di un’estetica innervata di tensioni dinamiche al modo della grande scultura classica; il frutto, nato quasi d’istinto e poi perseguito con coerenza, di un dialogo mobile e aperto con l’uomo”.
Nato a Piacenza nel 1934, Armani “è uno dei figli più illustri della città, che ne ha onorato l’immagine nel mondo”, come ha sottolineato ancora il Rettore. “Dal 1975 ha raccolto la tradizione del saper fare italiano, che affonda le sue radici nel nostro territorio, nei mestieri e nelle opere di artigiani e operai della tessitura, della sartoria, del costume, per reinterpretarla e farla diventare un riferimento iconico universale”, ha aggiunto Anna Maria Fellegara, Preside della Facoltà di Economia e Giurisprudenza, leggendo le motivazioni del conferimento della laurea in Global Business Management “per la dimensione internazionale del marchio, per l’approccio olistico alla sostenibilità, per la ricerca inesausta di miglioramento e per la consapevolezza della centralità dell’impresa nella creazione di valore condiviso”.
“Armani ha creato un gruppo nel settore della moda e del lusso ai primi posti nel mondo, mantenendo il legame diretto tra azienda e fondatore e preservando la matrice originaria in scala globale”, ha continuato la Preside Fellegara. “Ha conservato, nel rinnovamento continuo richiesto dal modificarsi delle condizioni di contesto, un’intuizione originale e ha posto all’attenzione di un comparto determinante per l’economia del nostro Paese le molteplici implicazioni del suo permanere in una dimensione pienamente umana: dalla promozione del giusto trattamento delle persone che operano nella filiera, alla dedizione sociale; dall’impegno nella pandemia, alla responsabilità ambientale. La sfida al consolidato modello consumistico, dai vorticosi ritmi e dalla scarsa cura per la qualità e il bello, è il suo più recente impegno e testimonia la scelta di una dimensione economica che privilegia ciò che dura nel tempo e che non può prescindere dall’interrogarsi serio e autentico sulle ragioni etiche delle azioni”.
Ancora oggi, alla soglia degli 89 anni (che compirà il prossimo 11 luglio), Giorgio Armani è presidente e amministratore delegato del Gruppo Armani, tra le aziende della moda e del lusso leader nel mondo, con 8.304 dipendenti e 9 stabilimenti di produzione. Il Gruppo disegna, produce, distribuisce e vende direttamente prodotti di moda e lifestyle quali abbigliamento, accessori, occhiali, orologi, gioielli, cosmetici, profumi, mobili e complementi d’arredo e opera nell’ambito della ristorazione e dell’hotellerie. “L’impulso ad allargare lo sguardo dall’oggetto al contesto è stato radice e conseguenza dell’espansione globale del marchio Armani, che oggi definisce uno ‘stile’ non solo nell’abbigliamento, ma in vari settori di quello che viene in una parola definito il lifestyle», ha affermato il Rettore Anelli. «L’eclettismo delle scelte imprenditoriali non contraddice, anzi al più esalta, la coerenza umanistica dell’ispirazione: dalla giacca destrutturata, la più iconica delle creazioni di Armani, è nato per contiguità un progetto di casa, di albergo, di luogo di intrattenimento, attraversando le antiche passioni per il cinema e per lo sport ed estendendosi a profilare una personale interpretazione del glamour: ‘Dietro c’è il mio occhio e dentro c’è il mio gusto’, dice Armani. All’orizzonte, c’è il futuro”. Un futuro che, come ha sottolineato lo stilista prima di fare rientro a Milano, per il momento rivendica ancora l’indipendenza della sua azienda come cardine: “Poi si vedrà”.