“La natalità, così come l’accoglienza, che non vanno mai contrapposte perché sono due facce della stessa medaglia, ci rivelano quanta felicità c’è nella società. Una comunità felice sviluppa naturalmente i desideri di generare e di integrare, di accogliere, mentre una società infelice si riduce a una somma di individui che cercano di difendere a tutti i costi quello che hanno. E tante volte si dimenticano di sorridere”. Lo ha affermato Papa Francesco intervenendo, subito dopo la premier Giorgia Meloni, alla terza edizione degli Stati generali della natalità organizzata da Gigi De Palo, presidente della Fondazione per la natalità, nell’Auditorium Conciliazione a Roma. Bergoglio ha spiegato che “forse mai come in questo tempo, tra guerre, pandemie, spostamenti di massa e crisi climatiche, il futuro pare incerto. Amici, è incerto; non solo pare, è incerto. Tutto va veloce e pure le certezze acquisite passano in fretta. Infatti, la velocità che ci circonda accresce la fragilità che ci portiamo dentro. E in questo contesto di incertezza e fragilità, le giovani generazioni sperimentano più di tutti una sensazione di precarietà, per cui il domani sembra una montagna impossibile da scalare. La signora presidente del Consiglio ha parlato della ‘crisi’, parola chiave. Ma ricordiamo due cose della crisi: dalla crisi non si esce da soli, o usciamo tutti o non usciamo; e dalla crisi non si esce uguali: usciremo migliori o peggiori. Ricordiamo questo. Questa è la crisi di oggi”.

Il Papa ha, poi, descritto la precarietà in cui vivono molte famiglie italiane: “Difficoltà a trovare un lavoro stabile, difficoltà a mantenerlo, case dal costo proibitivo, affitti alle stelle e salari insufficienti sono problemi reali. Sono problemi che interpellano la politica, perché è sotto gli occhi di tutti che il mercato libero, senza gli indispensabili correttivi, diventa selvaggio e produce situazioni e disuguaglianze sempre più gravi. Alcuni anni fa, ricordo un aneddoto di una coda davanti a una compagnia di trasporti, una coda di donne che cercavano lavoro. Ad una avevano detto che toccava a lei…; presenta i dati… ‘Va bene, lei lavorerà undici ore al giorno, e lo stipendio sarà di 600 (euro). Va bene?’. E lei: ‘Ma come, ma con 600 euro… 11 ore… non si può vivere…’ – ‘Signora, guardi la coda, e scelga. Le piace, lo prende; non le piace, fa la fame’. Questa è un po’ la realtà che si vive. È una cultura poco amica, se non nemica, della famiglia, centrata com’è sui bisogni del singolo, dove si reclamano continui diritti individuali e non si parla dei diritti della famiglia. In particolare, vi sono condizionamenti quasi insormontabili per le donne. Le più danneggiate sono proprio loro, giovani donne spesso costrette al bivio tra carriera e maternità, oppure schiacciate dal peso della cura per le proprie famiglie, soprattutto in presenza di anziani fragili e persone non autonome. In questo momento le donne sono schiave di questa regola del lavoro selettivo, che impedisce loro pure la maternità”.

Parole, quelle di Bergoglio, che suonano come una risposta indiretta a quelle pronunciate ieri, proprio a margine degli Stati generali della natalità, dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, convinto che “esiste un’etnia italiana che noi vogliamo tutelare incrementando le nascite”. E ha aggiunto: “Io non leggo crescita o decremento delle nascite legate esclusivamente alle vicende di lavoro”. Posizione nettamente diversa da quella espressa da Francesco che, parlando proprio della precarietà, ha spiegato: “Certo, esiste la Provvidenza, e milioni di famiglie lo testimoniano con la loro vita e le loro scelte, ma l’eroismo di tanti non può diventare una scusa per tutti. Occorrono perciò politiche lungimiranti. Occorre predisporre un terreno fertile per far fiorire una nuova primavera e lasciarci alle spalle questo inverno demografico. E, visto che il terreno è comune, come comuni sono la società e il futuro, è necessario affrontare il problema insieme, senza steccati ideologici e prese di posizione preconcette. L’insieme è importante. È vero che, anche con il vostro aiuto, parecchio è stato fatto e di questo sono grato, ma ancora non basta. Bisogna cambiare mentalità: la famiglia non è parte del problema, ma è parte della sua soluzione. E allora mi chiedo: c’è qualcuno che sa guardare avanti con il coraggio di scommettere sulle famiglie, sui bambini, sui giovani?”.

Bergoglio ha sottolineato di credere “che il tema della natalità sia centrale per tutti, soprattutto per il futuro dell’Italia e dell’Europa”, aggiungendo che “la nascita dei figli, infatti, è l’indicatore principale per misurare la speranza di un popolo”. “Ho saputo – ha proseguito il Papa – che lo scorso anno l’Italia ha toccato il minimo storico di nascite: appena 393mila nuovi nati. È un dato che rivela una grande preoccupazione per il domani. Oggi mettere al mondo dei figli viene percepito come un’impresa a carico delle famiglie. E questo, purtroppo, condiziona la mentalità delle giovani generazioni, che crescono nell’incertezza, se non nella disillusione e nella paura. Vivono un clima sociale in cui metter su famiglia si è trasformato in uno sforzo titanico, anziché essere un valore condiviso che tutti riconoscono e sostengono. Sentirsi soli e costretti a contare esclusivamente sulle proprie forze è pericoloso: vuol dire erodere lentamente il vivere comune e rassegnarsi a esistenze solitarie, in cui ciascuno deve fare da sé. Con la conseguenza che solo i più ricchi possono permettersi, grazie alle loro risorse, maggiore libertà nello scegliere che forma dare alle proprie vite. E questo è ingiusto, oltre che umiliante”.

L’invito del Papa è chiaro: “La speranza, infatti, interpella a mettersi in moto per trovare soluzioni che diano forma a una società all’altezza del momento storico che stiamo vivendo, tempo di crisi attraversato da tante ingiustizie. La guerra è una di queste. Ridare impulso alla natalità vuol dire riparare le forme di esclusione sociale che stanno colpendo i giovani e il loro futuro. Ed è un servizio per tutti: i figli non sono beni individuali, sono persone che contribuiscono alla crescita di tutti, apportando ricchezza umana e generazionale. Apportando creatività anche al cuore dei genitori. A voi, che siete qui per trovare buone soluzioni, frutto della vostra professionalità e delle vostre competenze, vorrei dire: sentitevi chiamati al grande compito di rigenerare speranza, di avviare processi che diano slancio e vita all’Italia, all’Europa, al mondo, che ci portino tanti bambini”.

Twitter: @FrancescoGrana

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