Dalla Cassazione arriva una sentenza che potrebbe salvare il processo sulla strage di Bologna. Secondo la Suprema corte, infatti, le sentenze sono valide anche quando un giudice popolare compie 65 anni durante il processo. Era per questo motivo che i difensori di Gilberto Cavallini, l’ex estremista nero imputato in Appello per la bomba alla stazione, avevano chiesto di annullare la condanna all’ergastolo inflitta in primo grado al loro assisito: durante il processo, infatti, quattro giudici popolari avevano superato il 65esimo anno di età.

Era per questo stesso motivo che il 28 novembre del 2022 la Corte di assise di appello di Palermo aveva dichiarato nulla la sentenza emessa in primo grado in un processo per un omicidio di mafia. Si tratta del procedimento sull’omicidio dell’imprenditore Vincenzo Urso, assassinato ad Altavilla Milicia nel 2009: per quel delitto Pietro Erco era stato condannato all’ergastolo mentre il suo presunto complice, Luca Mantia, aveva preso 25 anni. Visto che durante il processo di primo grado uno dei giudici popolari aveva superato i 65 anni, però, la Corte di assise di appello aveva successivamente annullato le sentenze di condanna. Quella decisione era stata impugnata dalla Procura generale di Palermo. Alla quale adesso la Cassazione ha dato ragione: la sentenza di primo grado non doveva essere annullata.

La Prima Sezione penale della Suprema corte ha infatti ritenuto che, da una lettura sistematica della legge n. 287 del 1951 (quella che disciplina il riordinamento dei giudizi di assise), si ricava che il requisito anagrafico previsto per i giudici popolari è richiesto al momento dell’iscrizione nell’albo dei giudici popolari, dell’inserimento della lista e, da ultimo, della nomina per la sessione. Il giudice popolare così nominato resta legittimamente in carica per l’intera sessione, anche se nel frattempo compie 65 anni. Di conseguenza non sussiste il vizio di capacità del giudice ritenuto dalla sentenza annullata.

Logicamente la pronuncia della Cassazione sul caso di Palermo era attesa anche a Bologna, dove si sta celebrando il processo d’Appello per la bomba che il 2 agosto del 1980 fece 85 morti. Gli avvocati di Cavallini puntavano sul precedente siciliano per ottenere l’annullamento della condanna all’ergastolo inflitta all’ex Nar in primo grado. Per l’avvocato Alessandro Pellegrini, che con il collega Gabriele Bordoni difende Cavallini, quella di oggi “è una decisione forse motivata da ragioni extra giuridiche“. Secondo il legale la sentenza della Suprema corte “va in controtendenza rispetto a decisioni passate della Cassazione, siamo di fronte a un contrasto fra i supremi giudici sulla stessa materia e ciò rende doveroso l’intervento delle Sezioni unite”.

Di Sezioni Unite aveva parlato erroneamente anche Carlo Nordio. Il guardasigilli, infatti, era stato interpellato sul caso dei giudici popolari over 65 durante il question time del 16 febbraio scorso. A interrogare il ministro era stata la senatrice Dafne Musolino, che oltre alla sentenza di Palermo citava anche un caso a Messina, relativo a un ergastolo emesso per un uomo accusato di femminicidio. “Quelle sentenze sono state annullate dalle corti di appello per nullità assoluta, perché la composizione del collegio era in contrasto con la legge. Si tratta di giudici popolari che avevano compiuto il sessantacinquesimo anno di età nel momento in cui sono stati chiamati a decidere. Quindi, la corte ha ritenuto di annullare per difetto assoluto quelle condanne. Questo è un orientamento consolidato da parte della Corte di cassazione”, aveva detto Nordio, citando alcune sentenze pregresse, che in effetti annullano decisioni emesse da giudici popolari over 65. Pur non condividendola, il guardasigilli difendeva la decisione dei giudici di invalidare quelle sentenze di primo grado: “L’orientamento consolidato della Cassazione impedisce qualsiasi attività ispettiva, perché le corti si sono adeguate a tale orientamento consolidato e, quindi, a una sorta di interpretazione autentica che danno le sezioni unite della Corte di cassazione“. In realtà anche se siamo in presenza di un orientamento consolidato non esiste alcuna sentenza a Sezioni unite su questa vicenda.

E infatti l’Associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna aveva fatto sapere di essere molto preoccupata per le “parole espresse dall’odierno ministro della Giustizia, il quale affermava falsamente esistere una pronuncia a sezioni unite in materia e l’esistenza di una giurisprudenza costante, che in realtà non esiste”. Oggi, invece, le parti civili esultano: “Da parte nostra c’è una grande soddisfazione per la decisione della Cassazione, a conferma che gli argomenti di diritto nostri e della Procura generale di Bologna erano fondati. Quella di oggi è una pagina importante di giustizia”, dicono gli avvocati Andrea Speranzoni, Alessandro Forti, Alessia Merluzzi e Lisa Baravelli, che rappresentano i familiari delle vittime. Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione, conclude così: “I terroristi che volevano evitare il processo dovranno difendersi nel processo”.

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