La politica ha gestito la sanità probabilmente da sempre. Sicuramente da quando la politica ha imposto la sanità pubblica con una legge del 1978 divenuta operativa nel 1981. Infatti è la politica che ha deciso di investire parte di quello che i dipendenti, i pensionati e i rimanenti cittadini onesti elargiscono per mantenere il sistema sociale. Dobbiamo ringraziare quel governo Andreotti che fece passare la legge.

Ma subito dopo è cominciato il disastro. Come tutte le partecipate statali la politica ha scelto persone politiche a gestirla e a modificare periodicamente il Sistema Sanitario Nazionale nei suoi quarant’anni. Il peggio del peggio si è avuto proprio nella regione dove io ho fatto il medico dal 1981. Ho visto la trasformazione nel mio percorso professionale e umano. E perché no, nel mio impegno sociale. Così, quando ho lavorato nell’ospedale pubblico (Fatebenefratelli e Oftalmico) in cui i direttori amministrativi, e spesso quelli sanitari, derivavano dai referenti politici, si è sempre perpetuato l’obbligo di assunzione di persone forse anche brave ma necessariamente appoggiate da questo e quel partito.

Quando poi ho deciso di fare una esperienza nel privato accreditato (Casa di Cura San Carlo di Paderno Dugnano) devo dire che la padrona della struttura ha lasciato campo libero senza obbligarci a fare visite, esami e interventi non da fare. Erano gli anni a cavallo del 2000 e forse era più difficile gestire i medici giovani e rampanti che cominciavano a fare non solo il bene del paziente, ma anche il proprio – visto che l’incasso mensile non era più uno stipendio fisso ma a percentuale. Una stortura sanitaria imposta dalla politica e dalla introduzione, grazie al sistema formigoniano, del privato accreditato.

In pratica la politica decise di introdurre una codifica per ogni prestazione e ad essa un compenso regionale in compartecipazione con il ticket che il cittadino era obbligato a pagare in base al reddito. Il sistema che ora sta facendo piano piano saltare il banco.

In Regione Lombardia il 68% delle prestazioni sanitarie accreditate viene gestito dal privato che, senza controllo, fa quello che vuole e il cittadino è tra l’incudine della necessità di curarsi e il martello del privato che “inventa” liste di attesa per spingere verso la prestazione a pagamento. Nel prossimo futuro si curerà, se non ci sarà una immediata inversione di tendenza, solo chi può. L’articolo 32 della nostra bellissima Costituzione sta per essere annegato. Persone che hanno favorito e anche mangiato a lungo in questa palude da loro stesse costruita, come Roberto Formigoni condannato in via definitiva, addirittura vengono resuscitati dalla politica. C’è il rischio che nel 2024 possa presentarsi alle Europee! Lui, mentore di questo sistema malato ormai in fase terminale.

Poi ci sono i medici che si allontanano sempre più dal pubblico. All’Istituto Oftalmico di Milano c’è un bando per assumere circa 10 nuovi medici che probabilmente non verranno trovati. Nel 1981 aspettavamo anni per essere assunti e lavoravamo gratis per imparare un mestiere! Insomma il Sistema Sanitario Nazionale, quello vero e strettamente pubblico, ha i giorni contati. Ma chi può invertire la rotta? Purtroppo ancora una volta solo la politica. Solo qualche politico vero che riesce a capire bene che l’azienda più importante nazionale è la sanità.

Tutti noi siamo cresciuti con l’immagine della Fiat come fiore all’occhiello finché non è stata spolpata e svenduta. Bisogna evitare di fare ciò. Ovviamente anche cercando di fare leggi valide e non inutilmente dispendiose che non possono fare altro che arricchire maggiormente il privato. Come le case di comunità. Una idiozia completa che non è mai decollata e che porta insoddisfazione totale del medico e del paziente, che si sente sballottolato senza soluzione del suo stare male.

Se la politica cominciasse finalmente a pensare alla prossime generazioni, non alle prossime elezioni, potrebbe forse capire che occorre contrastare con controlli adeguati il privato. Avrebbe capito che occorre rifondare allo stesso modo il primo contatto, quel medico di famiglia che non deve più essere privato accreditato ma pubblico in reparti ospedalieri del territorio dove visitano in modo turnistico 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Libereremmo così anche i Pronto Soccorso solo per le urgenze e non butteremmo centinaia di milioni di euro in cattedrali nel deserto come le case di comunità. Occorre invece dare più soldi a medici e infermieri che restano nel pubblico e che si devono sentire più tutelati. Bisogna cambiare la medicina del territorio dalla base, istituendo una facoltà apposita di 5 anni al termine della quale tutti vengono assunti in ospedali pubblici. Non potranno fare tutto come i laureati in medicina e specialisti, ma potranno affiancare onestamente e creare quella empatia che manca e di cui ci siamo accorti nel periodo del Covid – e che tutti già vogliono dimenticare.

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