Al Giro d’Italia torna l’obbligo delle mascherine. I ciclisti dovranno indossarle nelle aree in cui entrano in contatto con le altre persone. L’annuncio del direttore della corsa, Mauro Vegni, è avvenuto dopo il caso di positività al Covid della maglia rosa, Remco Evenepoel, ritiratosi dopo aver vinto la crono che gli aveva restituito il primato in classifica. Fuori gioco anche il veterano Rigoberto Uran, sempre per il Covid. Il nuovo leader della classifica generale è così diventato il gallese della Ineos Geraint Thomas.

La decisione del Giro è stata presa come forma di tutela dei partecipanti. Né da parte dell’organizzazione, né dell’Unione ciclistica internazionale esistono protocolli Covid e la decisione di fermare ciclisti positivi è interamente in capo alle squadre che non hanno obblighi. Nei loro protocolli interni, le squadre prevedono test periodici a tappeto sui corridori per vedere se sono positivi al Covid, a prescindere dai sintomi.

Ogni squadra può comportarsi come meglio ritiene per tutelare i propri atleti. In pratica ogni squadra testa periodicamente tutti i ciclisti, ma non ha obblighi di nessun tipo, nemmeno relativi alla comunicazione: è lo staff sanitario che decide in autonomia come e quando fare i test e se fermare i corridori che dovessero risultare positivi, come successo a Evenepoel domenica, ma come capitato nei giorni scorsi anche a Filippo Ganna della Ineos, a Giovanni Aleotti (Bora) e Nicola Conci (Alpecin).

Quando si arriva a una decisione di questo tipo è puramente sanitaria: il medico della squadra ha motivi di ritenere che, anche se il corridore positivo è asintomatico, sottoporlo a un impegno fisico così logorante come correre il Giro d’Italia da positivo al virus, possa rappresentare un rischio che è più prudente non correre.

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