In quindici anni non ha avuto nessun aumento di stipendio e, così, ha deciso di fare causa all’azienda. Peccato, però, che il giudice gli abbia dato torto: non ne ha diritto perché si trova in congedo per malattia dal 2008. E’ una vicenda giudiziaria complessa quella che ha per protagonista Ian Clifford, impiegato con la qualifica di “serior IT” in Ibm. A ricostruirla è il Mirror: Clifford è andato in concedo per malattia nel settembre del 2008 e, nell’aprile del 2013, all’età di 30 anni, ha firmato un “accordo di compromesso” con il suo datore di lavoro che lo ha inserito nel piano invalidità dell’azienda: secondo questo, il lavorare inabile, non viene licenziato ma rimane dipendente pur non avendo “nessun obbligo di lavoro”.
Secondo il protocollo Ibm, il lavoratore ha “diritto” fino al recupero, al pensionamento o al decesso, di ricevere il 75% della retribuzione concordata: nel caso del signor Clifford, il suo stipendio concordato era di 72.037 sterline e dal 2013 viene pagato 54.028 sterline all’anno fino ai 65 anni, quando andrà in pensione. Il che significa che riceverà un totale di oltre 1,5 milioni di sterline.
Una cifra considerevole ma a suo dire “non abbastanza generosa”: così, nel 2022, l’uomo ha fatto causa a Ibm accusandola di discriminazione per disabilità e sostenendo che la sua busta paga perderà valore a causa dell’inflazione. Il giudice del tribunale del lavoro di Reading, nel Berkshire, Regno Unito, ha però archiviato il caso, sentenziando che gli è stato concesso un “beneficio molto consistente” e un “trattamento di favore”: “I dipendenti attivi possono ottenere aumenti di stipendio, ma i dipendenti inattivi no, è una differenza, ma non è, a mio giudizio, un danno causato da qualcosa derivante dalla disabilità”, il verdetto.