Come se non avessero già arrecato sufficienti danni alla libertà d’espressione e come se non fosse necessario occuparsi della grave crisi economica in corso, le autorità tunisine hanno deciso di allargare l’indagine, aperta a febbraio, contro 17 persone per inesistenti accuse di “cospirazione”.

Questo mese gli indagati sono diventati 21, con l’aggiunta alla lista dell’avvocato per i diritti umani Ayachi Hammami – difensore di altri indagati – , dell’avvocata e femminista Bochra Belhaj Hamida e di due oppositori politici: Nejib Chebbi e Noureddin Bhriri, quest’ultimo ex ministro della Giustizia.

Gli indagati, che il presidente Kais Saied ha pubblicamente definito “terroristi”, sono accusati di aver cospirato per portare un attacco contro lo stato e per fomentare la tensione sociale. Gli articoli del codice penale tirati in ballo sono ben dieci – tra cui il 72, che prevede la pena di morte per chi tenta di “cambiare la natura dello stato” – cui vanno aggiunti oltre dieci articoli della legge antiterrorismo del 2015.

Hammami è sottoposto a una separata indagine, ai sensi delle legge sui reati informatici, per aver rivolto critiche alle autorità.

Da quando, il 25 luglio 2021, ha sospeso il parlamento e avocato a sé poteri di emergenza, il presidente Saied ha emesso decreti che minacciano la libertà d’espressione e l’indipendenza del potere giudiziario e, soprattutto, ha fatto approvare una nuova Costituzione che contiene numerose disposizioni pericolose per i diritti umani.

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