Tutti a tifare Inter o Milan per la Champions League, anche il 16 maggio a Milano lo stadio è stracolmo, volano gli incassi, e c’è anche chi se ne approfitta per avere argomenti in più da usare nello scontro di potere che si sta consumando sull’eventuale abbattimento di San Siro e la costruzione di nuovi stadi.

In fondo a una curiosa paginata domenicale sui conti di queste semifinali del torneo di calcio più prestigioso, Il Sole 24 ore del 14 maggio dà la parola a un manager dell’Inter che spiega come, costruendo ex novo uno stadio, i grandi club possono garantirsi un maggiore equilibrio economico. E come, dato che la capienza di ciascuna delle nuove arene sarebbe inferiore a quella attuale di San Siro? Risposta dell’interlocutore del quotidiano confindustriale: per esempio, grazie alla moltiplicazione del numero di ’skybox’.

Ohibò, skybox. E di che parleranno mai? Quello che a molti, dal nome, potrebbe sembrare un apparecchio per fruire la tv a pagamento, nel gergo degli stadi americani è la scatola riservata, in tribuna, in cui i tifosi privilegiati possono godersi le partite, e il pre e il post, in tutta tranquillità con i loro invitati. A San Siro, di questi salotti esclusivi se ne sono potuti ricavare troppo pochi, poco più di una manciata, ma nei nuovi progetti di Inter e Milan se ne prevedono a decine. Di questo servizio per cosiddetti Vip, anche o soprattutto di questo si tratta quando si parla del colossale affare legato ai nuovi impianti e alla distruzione di un simbolo architettonico della città, come San Siro.

La questione degli ‘skybox’ potrebbe anche essere marginale se non fosse proprio indicativa di un atteggiamento disinvolto, al limite dell’inquietante, nei confronti del bene pubblico. Fa parte di quello che ormai si può considerare la tipica arroganza assertiva del capitalismo finanziario post-industriale. Non è una proprietà esclusiva della borghesia milanese, ma nell’unica metropoli italiana di standard europeo si nota ovviamente di più. E infatti, anche nella classe dirigente meneghina di cui il sindaco Giuseppe Sala detto Beppe è un indiscutibile campione, si è ormai affermata una forma di ‘eterotropia’, ovvero uno strabismo manifesto, per cui non scandalizza più nessuno che il patrimonio pubblico della città possa avere una destinazione affaristica privatistica. Voler buttare giù uno stadio come San Siro – il cui solo secondo anello è considerato un patrimonio dell’architettura ‘brutalista’ – per costruire due nuovi impianti con tanti bei salotti per Vip e arricchiti, impiegando a tal fine risorse e di spazi di tutti, equivale a un vero e proprio sfregio di natura morale. Senza considerare la follia ecologica.

Purtroppo non è una deformazione relativa solo al mondo del calcio, questo stile da Robin Hood alla rovescia: è stato ampiamente sperimentato, da anni, nel mondo della cultura e delle arti. Basti soltanto dire quanto denaro pubblico, diretto o indiretto, ingurgita il pur pregevolissimo Teatro alla Scala e quali élite delle classi alte vi abbiano pressoché esclusivo accesso. Discorso analogo vale per i nuovi templi delle esposizioni artistiche, griffati dai vari marchi, ma sarebbe lungo disaminare caso per caso. Restando ai nuovi stadi, c’è ancora da sottolineare che il progetto tanto caro al Milan del presidente Scaroni, e a Sala e a Salvini e a da S-elencando, riguarda addirittura una nuova potenziale area verde come La Maura, in una città che ha appena gettato al vento 12 milioni di euro di finanziamenti europei già stanziati per impiantare un po’ di alberi, la stessa metropoli dove la cementificazione e l’urbanizzazione sono a livelli record.

Eppure, pochi mesi fa campeggiava in tutte le stazioni della metropolitana una bella campagna pubblicitaria con lo slogan ‘ForestaMi’, del Comune il cui sindaco si dichiara verde; eppure, ancora, a margine dell’ultimo Salone del Design si sono celebrati regolari convegni sul tema del ‘Rewalding’; eppure, infine, l’archistar milanese oggi più noto è diventato famoso come inventore dei palazzi esclusivi con il Bosco Verticale (e verrebbe comodo, magari, per un analogo ‘greenwashing’ del sacco de La Maura…). E’ questa l’eterotropia, appunto, di una città dove a parole tutto funziona benissimo, è vero, ma poi si bada ai grandi interessi, a danno di tutti gli altri. Ma una cinquantina di skybox in più negli stadi, al posto degli alberi che l’Europa ci pagherebbe, per Sala e il gruppo di potere che lo sostiene, potrebbero essere la classica goccia che fa traboccare il vaso.

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