A Reggio Emilia la domanda se la pongono un po’ tutti: che fine farà il progetto Silk-Faw per la produzione di auto elettriche e ibride di lusso? Tra rogiti fantasma, “scatole cinesi” e indagini della Guardia di Finanza, il giallo industriale più importante degli ultimi anni è infatti ancora lontano dal concludersi. Anzi, se possibile, si fa ancora più intricato. La società, una cordata sino-americana nata per realizzare un investimento faraonico da 1,3 miliardi di euro a Gavassa, nella provincia reggiana, rilancia. A inizio maggio il Tribunale di Reggio ha dato il via libera al piano di risanamento presentato da Silk Sports Car Company Srl (questo, da giugno 2022, il nuovo nome di Silk Faw Automotive Group Italia Srl), che prevede l’iniezione di capitali freschi per portare al salone internazionale dell’auto di Ginevra, che si terrà in ottobre a Doha, in Qatar, tre nuovi prototipi.
Per riuscirci, la società avrà 120 giorni: quattro mesi durante i quali, grazie alle misure protettive del patrimonio approvate dal giudice nell’ambito della “procedura negoziata delle crisi”, i creditori, tra i quali ci sono Dallara e Nomisma, non potranno presentare eventuali istanze di fallimento. “Le prossime mosse sono di negoziare con i fornitori dei termini di pagamento che ci permettano di arrivare all’esposizione di Doha” spiega al Fattoquotidiano.it l’amministratore delegato, Giovanni Lamorte. La volontà di andare avanti, insomma, c’è. E i soldi? Pure quelli, in teoria. A pagina 12 del piano approvato dal giudice, sono illustrate le risorse su cui Silk potrà contare per saldare i debiti (18,9 milioni di euro, dei quali 16,6 verso i fornitori) e per sviluppare i prototipi. La voce più consistente è quella dei “finanziamenti di soggetti terzi”. La società, si legge, “è in attesa dell’erogazione di un ammontare complessivo di 30 milioni di dollari” attraverso delle “convertible promissory notes”, in sostanza prestiti convertibili in capitale.
Denaro che dovrebbe arrivare, in gran parte, da Giga Carbon Neutrality, azienda “leader mondiale nella fornitura di sistemi vehicle-to-everything” che, sulla base di un contratto stipulato il 10 ottobre dell’anno scorso, dovrebbe mettere 25 milioni di dollari. Altri 5 milioni, invece, saranno versati, secondo un impegno sottoscritto il 15 novembre 2022, da Humaid Abdulla Masaood, fondatore, ad e presidente del gruppo Abdulla Al Masaood Sons, una società attiva in diversi settori, tra cui l’automotive. A garanzia dell’operazione c’è lui, Jonathan Krane, il socio forte americano (che detiene, indirettamente, l’85% delle quote) della cordata con i cinesi di Faw. Con una comfort letter del 14 febbraio 2023, il presidente di Silk Sports e titolare di Silk EV Holding LLC, la capogruppo dell’intricata matrioska societaria cui fa capo la joint venture, ha “assunto l’impegno a fornire alla Società il supporto finanziario di cui necessita per far fronte alle proprie obbligazioni” nel caso in cui Giga Carbon Neutrality e lo sceicco dovessero tirarsi indietro.
Oltre a questi fondi, che, secondo Lamorte, dovrebbero arrivare entro la fine del mese, Silk EV ha stipulato tre contratti di financial brokerage per reperire “investimenti di entità pari ad almeno 10 milioni di euro da parte di investitori qualificati”. Inoltre, tra le fonti di liquidità, c’è pure un credito Iva di quasi 2,2 milioni di euro, mentre la società spera di ottenere oltre 3 milioni di crediti di imposta per ricerca e sviluppo. Nel piano spunta poi anche un “futuro aumento di capitale pari ad euro 9.675.076” per rafforzare l’attuale capitale sociale, 26,7 milioni di euro interamente versati.
“L’idea alla base del piano è rimborsare una parte dei debiti adesso e chiedere aiuto ai fornitori per la realizzazione del prototipo, pagandoli regolarmente per il lavoro” specifica Lamorte. La scommessa è arrivare pronti all’appuntamento di Doha, attorno a cui ruota tutto il progetto di rilancio. I dettagli sono a pagina 16 del piano di risanamento: “le uscite legate alla produzione dei prototipi” saranno pari a circa “3,5 milioni mensili tra il mese di marzo e settembre per un totale di circa 25 milioni di euro”. La scadenza per “il completamento dello sviluppo e della produzione, in condizioni di operatività business as usual”, si legge a pagina 4, è fissata a settembre 2023. Insomma, se tutto dovesse andare come previsto, il sogno di una Motor Valley reggiana in concorrenza con quella modenese potrebbe realizzarsi.
Tutto bene, dunque? Non proprio, perché sul progetto pesano una serie di incognite. A cominciare da un’indagine della Guardia di Finanza per “tentata truffa aggravata ai danni dello Stato”, come riportato da Daniele Petrone sul Resto del Carlino. Nel mirino sarebbe finita la domanda presentata da Silk Faw per ottenere 38 milioni di euro di fondi Pnrr – non concessi perché l’istruttoria non è stata completata – attraverso un contratto di sviluppo con Invitalia in cambio della promessa di un investimento da 380 milioni. Al momento sembra non ci siano nomi sul registro degli indagati. Stando al Resto del Carlino, per verificare l’ipotesi di un eventuale riciclaggio, le Fiamme Gialle hanno passato al setaccio anche i flussi di denaro transitati per Silk Ev Cayman Lp, una delle tante “scatole cinesi” che controllano Silk, con sede alle Cayman.
Lamorte smentisce di aver ricevuto una notifica del procedimento: “L’ho saputo dai giornali” afferma. “Abbiamo anche contattato attraverso i nostri legali il sostituto procuratore di Reggio Emilia, Piera Cristina Giannusa, mettendoci a disposizione ma non ci ha mai risposto”. Mentre da Invitalia, raggiunta dal Fatto.it, dicono che “su indagini in corso non diamo informazioni”. Sempre negli scorsi mesi, la Regione ha revocato, su istanza della stessa Silk, il contributo (peraltro mai versato) da 4,5 milioni di euro e il comune di Reggio, a inizio maggio, ha stralciato dal piano urbanistico il cambio di destinazione da agricola a industriale di una parte (79mila metri quadri) del terreno da 31 ettari in zona Gavassa su cui dovrebbe sorgere il polo produttivo. La società, che ha comunque già comprato diversi edifici a Reggio e provincia, deve ancora finalizzare l’acquisto (manca ancora il rogito) del pratone da 281mila metri quadri per un costo di 24,4 milioni di euro, per il quale è stata redatta una scrittura privata il 3 agosto 2022. “Non cambia nulla nella nostra strategia” prosegue Lamorte, “il progetto rimane nelle stesse condizioni previste, poi con l’evolversi del tempo vedremo come vanno le cose. Le tempistiche che avevamo fissato all’inizio sono saltate per la guerra e la pandemia”.
Se l’affare andrà in porto, si vedrà. Di sicuro, per ora, ci sono alcuni dei 73 dipendenti, nel corso del 2022 scesi a 30, di Silk che non percepiscono lo stipendio, undici dei quali sono assistiti dall’avvocato Pasqualino Miraglia. “In totale i miei clienti devono ricevere circa 350mila euro” spiega al Fatto.it. “Abbiamo raggiunto un accordo per quattro lavoratori che prevede il pagamento degli arretrati in dieci tranche ogni quindici giorni, a partire dal 6 febbraio fino a giugno. Ad oggi la società ha pagato le rate del 6 e del 20 febbraio, mentre quella del 6 marzo risulta scaduta. Solo un dipendente ha ricevuto, a gennaio, quanto gli spettava, invece per altri sei ho fatto le ingiunzioni di pagamento. Dalla società dicono che il motivo è che il conto utilizzato per pagare le rate è stato pignorato”. A Silk, però, il mancato adempimento potrebbe costare caro. “Ho fatto presente alla società” prosegue Miraglia, “che le misure di protezione che hanno richiesto non si applicano ai crediti di lavoro: a differenza dei fornitori, posso fare delle procedure esecutive e anche depositare un’istanza di fallimento. Ovviamente nessuno ha interesse a far fallire l’azienda: il mio obiettivo è ottenere il pagamento degli arretrati dei miei clienti”.