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Covid al Giro d’Italia, Bystrom: “Sono positivo ma resto in corsa”. Poi però si ritira

Al Giro d’Italia più che di arrivi in salita, volate e fughe si discute di positività al Covid. Non poteva essere altrimenti dopo il clamoroso ritiro della maglia rosa Remco Evenepoel: l’addio del campione del mondo – non il primo a lasciare per via dei contagi – ha spinto l’organizzazione a reintrodurre l’obbligo di mascherina. Nel frattempo non mancano le polemiche: il medico della squadra di Evenepoel, la Soudal Quick Step, ha attaccato proprio il Giro parlando di “negligenza e poca professionalità”. L’Unione ciclista internazionale (Uci) non prevede però nessun protocollo e nemmeno l’obbligo di tampone. Tant’è che a scombussolare ancora di più l’atmosfera è arrivata la confessione del ciclista norvegese della Intermarché, Sven Erik Bystrom: “Ho il Covid, ma resto in corsa”. Peccato che, proprio al via della decima tappa in programma oggi (martedì 16 maggio) da Scandiano a Viareggio, lo stesso Bystrom alla fine si sia ritirato.

Le nuove disposizione dell’Uci – validate anche dall’Oms – non obbligano nessun positivo a tornare a casa. Le squadre continuano a eseguire i tamponi, ma non sono tenute a farlo e quindi tanto meno a comunicare i risultati all’esterno. Bystrom aveva spiegato il suo stato di saluto a Eurosport: “Devi fare una valutazione basata sui sintomi. Se avessi avuto la febbre e fossi stato male sarebbe stato qualcosa, ma ho avuto sintomi lievi e un po’ di stanchezza. È anche normale nella sesta, settima e ottava tappa di una gara di tre settimane”, aveva detto. Lanciandosi pure in un commento: “Se tutti i ciclisti dovessero andarsene per un test positivo non ci sarebbero quasi più corridori quando arriveremo a Roma”. Alla fine lui stesso ha deciso di lasciare, dopo che nella notte tra lunedì e martedì ha iniziato ad accusare i sintomi del Covid.