“La speranza che qualcosa possa cambiare dopo 40 anni ovviamente c’è, a patto che ci sia una volontà fattiva della Procura di Roma e del Vaticano di lavorare insieme. Sicuramente è una novità importante”. Così, ai microfoni di Uno, Nessuno, 100Milan, su Radio24, la legale della famiglia Orlandi, Laura Sgrò, commenta la novità sulle indagini relative alla scomparsa di Emanuela Orlandi, la ragazza di 15 anni sparita nel nulla a Roma il 22 giugno 1983: la Procura di Roma, infatti, ha acquisito gli atti messi a disposizione del Vaticano, nell’ambito del procedimento già aperto a Piazzale Clodio sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Il procedimento è stato avviato dopo che il Csm aveva chiesto informazioni su un esposto presentato al consiglio dai familiari della ragazza.
Il conduttore, Alessandro Milan, ricorda che nel maggio del 2015 ci fu la richiesta di archiviazione dell’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi da parte dell’allora procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone (poi diventato presidente del tribunale vaticano), in pieno contrasto con la linea del procuratore aggiunto e titolare delle indagini, Giancarlo Capaldo.
Sgrò aggiunge: “Negli anni la Procura di Roma ha provato tre volte, attraverso rogatorie internazionali, ad acquisire materiali riguardanti il Vaticano e a interrogare alcune persone che potevano essere informate sui fatti. Non ci riuscì, perché di fatto non ci fu collaborazione e le rogatorie tornarono indietro. Quindi, che adesso ci sia questa collaborazione attiva è certamente una cosa molto importante. Purtroppo c’è un vero limite: sono passati 40 anni e una buona parte delle persone – spiega – che la Procura di Roma voleva ascoltare è morta. Quarant’anni sono di fatto un problema serio per chi fa le indagini, quindi c’è assoluta comprensione verso l’attività che stanno svolgendo gli inquirenti. Il procuratore di Roma Francesco Lo Voi qualche settimana fa ha detto una cosa che condivido: l’esistenza di difficoltà oggettive nel tirare le fila dopo 40 anni e due inchieste che non hanno portato a nulla. Insomma, facile non è”.
L’avvocato sottolinea: “Ciò non toglie che, se c’è volontà, si può arrivare a una soluzione. Non sarebbe nemmeno il primo caso che viene riaperto dopo tanti anni e che potrebbe essere risolto. È legittimo che la famiglia Orlandi ci speri. Dobbiamo essere fiduciosi per forza. Se non c’è fiducia nel fatto che verrà trovata una soluzione, non ha senso che continuiamo a chiedere, fare istanze, sentire persone, valutare le segnalazioni che ci mandano. Noi – rivela – siamo sommersi da informazioni e quelle che riteniamo minimamente credibili o con un minimo riscontro le mettiamo da parte per valutarle. Io sono sommersa quotidianamente da lettere anonime, quasi tutte con segnalazioni gironzolanti intorno alla pista della pedofilia e con le tesi e i colpevoli più improbabili. C’è di tutto, ma ci sono anche tantissimi messaggi di affetto per la famiglia Orlandi“.
Sgrò infine difende Pietro Orlandi, ultimamente investito da un vero linciaggio mediatico e da minacce a seguito delle sue dichiarazioni a Dimartedì su papa Wojtyla: “Io credo che Pietro non volesse offendere nessuno e credo in generale che 40 anni di questa vita non è da augurare a nessuno. Quindi, anche qualche uscita forse non tra le migliori andrebbe contestualizzata. Spero e mi auguro che ci sia la comprensione comune nel tornare a interessarci all’oggetto vero della vicenda: la scomparsa di una ragazzina- conclude – una sparizione che ha coperto 40 anni della nostra storia. Allo stesso modo, mancano risposte a tante vicende alle quali è legata la scomparsa di Emanuela Orlandi. Quindi, è obbligo di questo paese e della nostra magistratura provare a dare delle risposte. Io una convinzione ce l’ho su come siano andati i fatti: è una idea sommaria, a cui però mancano dei pezzi. Se avessi avuto le prove, ovviamente le avrei già portate all’evidenza delle autorità giudiziarie”.