Poco più di una settimana fa la Corte d’assise di Milano aveva rigettato la richiesta di una perizia psichiatrica, oggi gli stessi giudici hanno decisione l’acquisizione delle relazioni psichiatriche sulla ‘disabilità cognitiva’ di Alessia Pifferi, condotte in carcere dai medici del Dipartimento di salute mentale di San Vittore. La donna è accusata di omicidio aggravato per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana di quasi un anno e mezzo. Per i medici ha un “gravissimo ritardo mentale” pari a un quoziente intellettivo di “una bimba di 7 anni.
“Hanno messo una bambina in mano a una bambina” ha spiegato Alessia Pontenani, legale della 37enne. Oggi in aula la difesa ha richiesto alla Corte, presieduta da Ilio Mannucci Pacini, sulla base degli ultimi esami effettuati a San Vittore, una perizia medico psichiatrica finalizzata ad accertare l’incapacità di intendere e volere della donna al momento del fatto la sua eventuale rilevanza “sull’imputabilità dell’imputata”. La Procura si è opposta all’istanza chiedendo inoltre la estromissione dal fascicolo processuale di tutti i documenti redatti in carcere sulla situazione medica e psichica di Alessia Pifferi in quanto non disposti nell’ambito di una vera e propria consulenza. I giudici però hanno rigettato tale richiesta, a cui si era associata la parte civile, ritenendo tali relazioni utilizzabili e facendole entrare nel procedimento. Di certo la difesa, al termine dell’istruttoria dibattimentale, insisterà con la perizia.
“Ha un gravissimo deficit intellettivo – ha affermato l’avvocato di Alessia Pifferi, che anche oggi si è presentata in aula – In carcere è stata sottoposta a un test sul quoziente intellettivo” che è risultato pari a “40, ossia a 1 percentile. È una bambina. Ed è stato come aver messo in mano una bambina di un anno e mezzo a un’altra bambina – ha ripetuto più volte l’avvocato – . La signora ha un problema serio ed è stato un peccato che nessuno l’abbia mai aiutata. Aveva un insegnante di sostegno” quando era a scuola, “ed era seguita da una psicologa che adesso sto cercando di rintracciare”. Ma poi “nessuno l’ha più aiutata quando ce n’era bisogno, né la famiglia, né i servizi sociali. È una tragedia per tutti, questa. Per me la madre e la sorella – ha aggiunto l’avvocato – dovrebbero essere indagate per abbandono di minori“.