Un ex fedele - che per primo ha trovato la forza di scappare e denunciare quanto stava accadendo alla polizia - ha spiegato che secondo la follia del "pastore" i primi a morire dovevano essere i bambini
Dal New York Times a Le Monde, da giorni ormai la notizia della “setta del digiuno” tiene banco su tutte le più importanti testate internazionali. Anche perché da Kenya continuano ad arrivare aggiornamenti e dettagli sempre più raccapriccianti circa gli orrori commessi dal sedicente predicatore Paul Mackenzie Nthenge, il “pastore” che prometteva di “poter vedere Gesù in paradiso”. Il numero dei corpi dei seguaci della setta recuperati nelle fosse comuni è salito a oltre 200: gli investigatori della squadra nazionale omicidi hanno trovato altri 22 cadaveri nel terreno di proprietà del predicatore a Shakaola. Il totale dei fedeli della “chiesa internazionale della buona novella” creata da Mackenzie ritrovati senza vita sale così a 201, mentre il commissario regionale della costa, Rhoda Onyancha, ha annunciato ai media che le esumazioni sono sospese fino ad oggi “per consentire la riorganizzazione del supporto logistico”. Onyancha ha fatto sapere anche che è salito a 610 il numero delle persone scomparse tra i presunti adepti del culto di Mackenzie, che è agli arresti a Malindi con altri 26 sospetti complici.
Intanto è il fratello di Mackenzie, Robert Mbatha, a raccontare a Le Monde come l’uomo -originario di una famiglia modesta, nato e vissuto alla periferia di Mombasa – nei primi anni Duemila abbia lasciato la sua occupazione di taxista annunciando di aver ricevuto “una chiamata da Dio” per fondare la sua chiesa. Così, insieme a Ruth Kahindi (esponente della chiesa battista locale) fondò la Good News International Church, un gruppo religioso di ispirazione cristiana-evangelica. All’inizio si trattava di “una chiesa normale”, come hanno confermato alcuni testimoni ai media, ma poi, a partire dal 2008, le posizioni del predicatore si sono fatte sempre più estreme. Un suo ex seguace che ora collabora alle indagini ha rivelato alle autorità locali come Mackenzie avesse progressivamente avviato “un piano per un suicidio di massa“: la sua assurda idea era far morire di fame in maniera sistematica le centinaia di persone che lo avevano seguito nella convinzione che in questo modo avrebbero incontrato Gesù.
Di più. L’ex fedele – che per primo ha trovato la forza di scappare e denunciare quanto stava accadendo alla polizia – ha spiegato che secondo la follia del “pastore” i primi a morire dovevano essere i bambini: “Venivano chiusi nelle capanne della tenuta per cinque giorni senza cibo o acqua, e poi venivano avvolti con coperte e sepolti, anche quelli che respiravano ancora”, ha detto al Sunday Times. Quindi era stata la volta delle donne, a cui era toccata la stessa sorte. Da ultimo gli uomini: una volta portato a termine il piano criminale, il predicatore diceva che si sarebbe a sua volta lasciato morire, in previsione di quella che secondo lui era l’imminente fine del mondo.