Una città divisa in due. La gioia sfrenata e la delusione cocente. Il “sogno” di una finale di Champions, come ha ripetuto per settimane Simone Inzaghi, ora è realtà. L’incubo della sconfitta in una partita così, contro un avversario così, per il Milan di Pioli. La semifinale del derby che lancia i nerazzurri verso Istanbul e sprofonda i rossoneri verso una riflessione di sistema è lo spartiacque della stagione, di questo pezzo di storia del calcio milanese e italiano.
È difficile dire che cosa rappresenti questa finale per l’Inter, un miracolo che ha poco di razionale. Probabilmente non è il coronamento di un progetto, semmai assomiglia più al canto del cigno di una società che naviga a vista eppure con questa velocità di crociera si ritrova praticamente sul tetto d’Europa. C’è stata tanta fortuna, nella congiuntura astrale di un sorteggio praticamente irripetibile, ma non si può dire nemmeno che sia stato solo un caso. E infatti Inzaghi rivendica con orgoglio i meriti della squadra. Di sicuro è una rivincita: per il mister prima di tutto, che giusto due mesi fa era virtualmente esonerato, forse scaricato anche in società. “Io mi ricordo di chi c’era e di chi c’è stato un po’ meno”: ora si toglie un macigno dalla scarpa, ma subito dopo torna conciliante e si riconferma per la prossima stagione. È il suo carattere, con cui diventa il quarto allenatore dopo Herrera, Invernizzi e Mourinho a portare l’Inter in finale di Champions. Ma è la rivincita anche di tutto l’ambiente, per lo scudetto perso all’ultima giornata l’anno scorso, una ferita ancora aperta, e per quel famoso, vecchio derby del 2002, cicatrice mai rimarginata. Fino ad oggi. Adesso anche l’Inter ha il suo derby di Champions vinto, e a questo punto perché non sognare fino in fondo, domani davanti alla tv, aspettando l’avversaria tra Real e City, comunque fortissima, forse proibitiva. Intanto però la finale porta in dote una vagonata di milioni: per questa povera Inter non vale solo per il palmares.
Dall’altra parte del Naviglio c’è il Milan. E “c’è solo delusione”, come spiega Pioli. Perché è vero che questa squadra, dopo aver vinto a sorpresa lo scudetto l’anno scorso, quest’anno è arrivata comunque in semifinale di Champions, obiettivo per cui “si deve e si può essere orgogliosi”. Ma a questo punto perdere così e contro l’Inter fa male, non può non lasciare scorie: lo si legge negli occhi, lo si capisce dalle parole dei rossoneri. Pioli ricorda come “la vera delusione sarebbe non riuscire a giocare la Champions l’anno prossimo”, e fa bene: la classifica è preoccupante, il rischio contraccolpo altissimo. Probabilmente solo la penalizzazione imminente della Juventus salverà l’Europa e eviterà il fallimento del progetto, che traballa comunque. I rimpianti per quei dieci minuti maledetti dell’andata, l’assenza di Leao, non essere riusciti a segnare in quel paio di occasioni nitide costruite, sono troppo poco a cui aggrapparsi. Maldini ammette che “contro l’Inter non c’è stata gara”: dichiarazione che suona come un attacco alla proprietà di Cardinale, ma potrebbe essere letta anche come un’ammissione di colpe, per gli investimenti sbagliati nell’ultimo mercato che ha indebolito la squadra campione d’Italia invece che rinforzarla. Tutto ritorna in discussione, un progetto virtuoso rischia l’azzeramento e una società alla deriva è a un passo dalla leggenda. Così tanto vale questo derby di Champions: da oggi per Inter e Milan nulla sarà più lo stesso. Ormai è storia.