Cinema

Addio a Helmut Berger: a 78 anni si spegne “l’angelo maledetto” di Luchino Visconti

L'attore austriaco, dalla bellezza eterea e seducente, nacque nel 1944 a Salisburgo da una famiglia di albergatori, e si ritrovò giovanissimo a calcare le passerelle. La svolta avvenne grazie all'incontro con Luchino Visconti, che lo rese un divo del cinema: tra i due iniziò un sodalizio artistico ma anche "passionale" che si concluse solo con la morte del regista, nel 1976

Addio a Helmut Berger: si è spento a pochi giorni dal suo 79esimo compleanno, a Salisburgo, l’angelo maledetto di Luchino Visconti, dal quale fu idolatrato, amato e reso celebre.

L’attore austriaco, nato nel 1944 nella stessa città che oggi lo ha visto spegnersi da una famiglia di albergatori, non proseguì mai la strada battuta dai genitori, ma si ritrovò presto, grazie alla sua bellezza seducente ed eterea, a calcare le passerelle: appena maggiorenne si trasferì a Londra, dove iniziò a posare da modello, e a prendere nel frattempo lezioni di recitazione. Poi l’arrivo in Italia, inizialmente a Perugia, dove frequentò i corsi di teatro all’Università per stranieri, per poi decidere di tentare la fortuna a Roma.

Fu proprio nelle capitale che Berger iniziò a lavorare come assistente cinematografico e qui, nel 1964, durante le riprese del film Vaghe stelle dell’Orsa…, conobbe il regista Luchino Visconti. Questo incontro avrebbe cambiato per sempre la vita del giovane Berger, non solo professionalmente: i due infatti iniziarono una relazione che sarebbe terminata solo con la morte di Visconti. Fu proprio grazie al sodalizio artistico e personale con il cineasta milanese che Berger ottenne il suo primo ruolo, nell’episodio (diretto da Visconti) La strega bruciata viva del film Le streghe (1967). Appena un anno dopo, nel 1968, arrivò la sua prima parte da protagonista nel film I giovani tigri, diretto da Antonio Leonviola.

Ma il vero successo giunse con La caduta degli deì (1969), primo capitolo della “trilogia tedesca”, dove Berger fu nuovamente diretto da Visconti, interpretando il luciferino Martin von Essenbeck, ruolo che gli valse una nomination al Golden Globe. Sempre con il regista milanese, Berger vestì i panni dell’infelice Ludovico II di Baviera in Ludwig (1973) e quelli del cinico Konrad in Gruppo di famiglia in un interno del 1974. Qualche anno prima, nel 1970, l’attore ebbe anche l’opportunità di lavorare con Vittorio De Sica nel celebre Il giardino dei Finzi Contini (vincitore del premio Oscar 1972 come miglior film straniero) e, nel 1972, con Nelo Risi nel film La colonna infame.

Nel 1975 l’austriaco fu il protagonista maschile di Salon Kitty di Tinto Brass, e l’anno successivo del film Una romantica donna inglese (1976), diretto dal regista britannico Joseph Losey. Il 1976 fu un anno che segnò per sempre la vita di Berger: con la scomparsa di Visconti, suo mentore e compagno di vita, l’attore austriaco entrò nella spirale delle depressione, che lo portò a dichiarare di “essere divenuto vedovo a soli 32 anni“. Iniziò ad avere familiarità con alcool e sostanze stupefacenti, conducendo una vita sregolata, che lo costrinse a più di una sosta forzata, dopo che nel 1977 rischiò la morte per eccesso di droga.

Le offerte da parte del cinema iniziarono a scarseggiare e Berger decise di gettarsi a capofitto sul piccolo schermo, tornando in scena nell’adattamento televisivo del romanzo Fantomas dell’amico Claude Chabrol (1980), sceneggiato che ebbe il merito di riaccendere su di lui le luci dei riflettori. Durante gli anni Ottanta partecipò poi alla terza stagione statunitense della serie tv Dynasty , nel 1985 al film di guerra Cold Name: Emerald, per poi tornare in Italia nel 1989 e interpretare Egidio nello sceneggiato tv i Promessi Sposi. Dopo la parte del banchiere svizzero Keinszig ne Il Padrino III di Francis Ford Coppola (1990,) fu un’importante collaborazione musicale a riportare Berger alla vera notorietà, nel 1992: quella con la cantante Madonna nel controverso video musicale del brano Erotica.

Nel 1993 Berger ottenne di nuovo, dopo molti anni, un ruolo da protagonista nel film tedesco Ludwig 1881, interpretando per la seconda volta il personaggio di Ludovico II. Nel frattempo l’attore, che durante la sua vita non ha mai fatto mistero della sua natura apertamente bisessuale, nel 1994, all’età di 50 anni, si sposò in Comune e nella Chiesa di san Felice Martire a Roma con la scrittrice, regista e articolista Francesca Guidato, con la quale si separerà qualche anno dopo, proseguendo una relazione molto travagliata – anche per via dell’alcolismo di Berger – fino al 2012.

Negli anni Duemila, dopo ruoli piccoli e sporadici, e dopo la partecipazione a un reality televisivo tedesco, Berger tornò al cinema con il film Il violinista del diavolo, di Bernard Rose, mentre nel 2014 apparve nel cast del film Saint Laurent, del regista Bertrand Bonello, dove interpretò il grande stilista nei suoi ultimi anni di vita. Nel 2015 fece molto scalpore alla Mostra del Cinema di Venezia il documentario Helmut Berger, Actor di Andreas Horvath, che riprendeva l’attore nella sua casa malmessa alla periferia di Salisburgo, circondato da farmaci e bottiglie di vodka vuote, in uno stato di alterazione frequente, tra urla rabbiose e oscenità.

“Ha goduto appieno del suo motto La Dolce Vita per tutta la vita”: queste le parole dell’agente di Berger dopo l’annuncio della morte dell’attore, parafrasando una frase dello stesso artista di qualche anno fa, che dichiarava di aver vissuto “tre vite e in quattro lingue”. L’angelo maledetto non ha mai rinnegato nemmeno i momenti peggiori.

In foto: Il dio chiamato Dorian (1970), regia di Massimo Dallamano