E’ un’idea folle, strampalata. Roba da boomer, direbbero i giovani, ma vale la pena di ritornarci su questa sparata di Ignazio La Russa della naja volontaria. Il 76enne che custodisce in casa il busto di Benito Mussolini, regalatagli dal padre, l’ha buttata lì qualche giorno fa al raduno degli Alpini: “L’addestramento in tre settimane non ci può essere, ma se lo portiamo a 40 giorni, che è il tempo con cui una volta il Car preparava la base di addestramento dei militari, allora potrebbe esserci una legge che consente a chi lo vuole, volontariamente, di partecipare alla vita delle forze armate”.
Il nonnetto di palazzo Madama si fa promotore di una proposta per i giovani. Non so se il signor Ignazio sia mai andato a vedere il significato della parola “Naja”. Eccola, secondo Wikipedia: “Durante il conflitto, si diffuse il termine volgare naja, come sinonimo di vita militare, soprattutto nell’Italia settentrionale, quindi successivamente esteso a tutto il territorio italiano. Probabilmente derivato dalla lingua veneta (teatro delle battaglie del conflitto) te-naja, inteso come “morsa”, “tenaglia”, il termine indica, in senso dispregiativo, la vita militare che obbliga un individuo a strapparsi dai propri affetti per subordinarsi alle gerarchie istituzionali. Una diversa spiegazione fa risalire il termine naja al veneto antico naia, “razza, genia”, che a sua volta deriva dal termine latino natalia, pl. neutro di natalis, “attinente, relativo alla nascita”, con riferimento alla classe generazionale che veniva coscritta ogni anno”.
Ora mi chiedo perché i miei allievi dovrebbero volontariamente strapparsi dai propri affetti per subordinarsi alle gerarchie istituzionali? Perché dovrebbero imparare in una sola parola a ubbidire? A chi poi? Non serve forse insegnare loro a partecipare anziché a ubbidire o forse a qualcuno piace l’idea di avere dei sudditi?
Tra qualche giorno sarà il centenario della nascita di don Lorenzo Milani. Chissà se La Russa avrà letto qualche volta Lettera ai cappellani militari. Il priore di Barbiana, dove il 27 maggio prossimo andrà anche per la prima volta nella storia il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, scriveva: “Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto”. In un Paese dove all’articolo 11 della Costituzione c’è citato: “L’Italia ripudia la guerra” noi abbiamo un vecchio presidente del Senato che propone di fare una naja.
A rendere il tutto ancor più pericoloso è che il dicembre scorso lo stesso La Russa la proponeva dicendo che “A fronte di questa partecipazione noi prevediamo una serie di incentivi”, come punti per la maturità e per la laurea e punteggio aggiuntivo per i concorsi pubblici”.
L’esperimento era già stato fatto nel 2009 quando Ignazio La Russa era ministro della Difesa del governo Berlusconi e Giorgia Meloni dirigeva il dicastero per la Gioventù. Una mini leva. “Vivi le forze armate per tre settimane” era lo slogan. Con l’iniziativa Pianeta Difesa, quell’anno, 100 ragazzi e 45 ragazze tra i 18 e i 30 anni, selezionati dall’Associazione nazionale alpini, presero parte alla breve esperienza, finanziata fino al 2013, che oggi il presidente del Senato vorrebbe riproporre.
Oggi è dovere di chi educa, di chi fa il dirigente scolastico, il professore o il maestro impedire che le bizzarre iniziative di un 76enne possano anche solo instillare nei nostri giovani la sciagurata idea di prendere in mano delle armi, di indossare la tuta mimetica. Abbiamo bisogno di giovani volontari che vadano a imboccare gli anziani terminali soli negli ospizi: di ragazzi che facciano doposcuola gratis a chi non se lo può permettere evitando ripetizioni in nero da trenta euro l’ora; di giovani che si occupino dei tanti clochard (aumentano di giorno in giorno) sulle strade. In caserma abbiamo già fin troppa gente, purtroppo!