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Quando il naso tocca le ginocchia e si visualizza il proprio respiro. La pratica psicofisica che rivoluziona il Sé raccontata in ‘In Yoga’ (senza incomprensibili orientalismi)

Il libro di Silvio Bernelli (Aliberti editore) non è di quei saggi incomprensibili che dondolano misteriosamente tra orientalismi oscuri e performance impossibili, bensì un libro del fare e dell’essere possibile

di Davide Turrini

Un’affascinante lezione di yoga da un’ora e un quarto come da tabella nazionale. Con tutti i sacri crismi della ricerca del Sé, della sperimentazione respiratoria e delle posture fisiche, dell’equilibrio tra dentro e fuori il proprio corpo. “In Yoga” di Silvio Bernelli (Aliberti editore) non è di quei saggi incomprensibili che dondolano misteriosamente tra orientalismi oscuri e performance impossibili, bensì un libro del fare e dell’essere possibile. Un saggio semplice, per certi versi persino umile (vista l’esperienza accumulata sul campo, pardon in palestra da Bernelli), per il cosiddetto “praticante”, che potrebbe essere, pirandellianamente, uno, nessuno e centomila. E di fondo la crisi dell’Io in parte c’entra in questo testo puntuale che delinea un percorso concreto, perché lo yoga come pratica psicofisica, a livello di mera “occidentalizzazione”, è un anche un tentativo di distacco dal deragliamento di abitudini e quotidianità, proprio per rifondare attitudine e comportamento del singolo su basi sconosciute (“qualunque sia l’interpretazione preferita, lo yoga è comunque un modo per strappare alla routine quotidiana un po’ di tempo per sé”).

Basterebbe cominciare ad ascoltare il proprio respiro, “naturale, regolare, rilassato” nelle sue due fasi principali – “inspirazione, espirazione” – per riattivare circuiti mai immaginati. E non è robaccia psichedelica new age, almeno sul libro di Bernelli, e in una buona fetta di luoghi in cui si pratica lo yoga almeno in Italia spesso ritoccando alcune posizioni rispetto a quelle originali. Ed è da queste “posizioni” che In Yoga prende le mosse, una per ogni capitoletto formulato con pacata e ficcante sintesi dall’autore,ex musicista e scrittore, fondatore a Torino di Yoga Thiaga. Eccoci allora ad “entrare in sala con un solo obiettivo: evadere dalla persona che gli altri ritengono sia e inabissarsi in se stesso”. Questo inabissarsi, badate bene, scrive l’autore, raggiunge “una profondità piacevolmente infinita”, ma anche uno spazio di “consapevolezza e sicurezza infinite”. Coperta, tappetino, voce bassa possibilmente e via di “asana” (salvifica l’impostazione generale sempiterna “schiena dritta, collo eretto, testa posata senza sforzo in cima alla colonna vertebrale”). Impossibile spoilerare tutto il percorso.

Ma legittimo soffermarsi su qualche tappa ricordando oltre la tecnica da allenare del respiro (dal naso, suggeriamo noi) e perfino “visualizzarlo”, anche la necessità del contatto, ovvero di dare a mani, piedi, gambe, bacino, schiena, testa, ecc.. quella clamorosa, impensabile, inarrivabile possibilità di muoversi, di toccare e toccarsi come mai può capitare durante la propria giornata lavorativo o di svago. Un esempio? Prima di ritrovarsi, prima o poi, anno dopo anno, perché qualche trasformazione arriva per tutti, con il naso che tocca le ginocchia, le mani che agguantano la punta dei piedi passando sopra la schiena o le viscere che si ribaltano con Sarvangasana, ecco lo shanmukhi mudra, per altri in versione più basica detto palming, posizione utile ad amplificare tutti i rumori interni al corpo e riposare la stressatura del bulbo oculare. Quindi: mani distese, pollici nelle orecchie, polpastrelli sugli occhi, anulari sulle narici fino a chiuderle quasi completamente, mignoli sulle labbra, “un omaggio – dice Bernelli – dello yoga”. E ancora: un segreto, anzi un suggerimento. Per tutti quelli che snobbano questa pratica pensando sia questione di atletismo, la solita lagna impaurita di un gesto performativo da gara sportiva: “il segreto di una sessione yoga è la sua composizione (…) l’alternanza sforzo-riposo” con questo oscillare dell’attesa tra un asana e l’altro. “Dentro un corpo fisico c’è un corpo emozionale, segreto, che nessuno al di fuori può vedere né sentire. Uno influenza l’altro – scrive Bernelli; – “se uno duole anche l’altro duole, se uno gioisce l’altro fa lo stesso. L’errore dell’uomo è da sempre occuparsi dei guai del primo ignorando le esigenze del secondo”. Niente disegnini nel libro, ma opera di spronare per cercarsi, anzi trovarsi, quello spazio dove iniziare finalmente una seduta di yoga. Durante il Salone del Libro a Torino, il 21 maggio alle 9.30 Silvio Bernelli verrà presentato il libro alla Cavallerizza, Corte del Mosca, a cui seguirà una seduta di yoga (i partecipanti si presentino muniti di tappetino).

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