In Iran questa mattina sono stati impiccati tre uomini Saeid Yaghoubi, Majid Kazemi e Saleh Mirhashemi erano stati arrestati a novembre durante le proteste seguite alla morte di Masha Amini. Mahsa (Zina) il cui nome significa luna, era una ragazza curdo iraniana uccisa dalle percosse ricevute della polizia morale dopo essere stata arrestata per non aver indossato il velo islamico in modo appropriato.

I tre uomini sono stati uccisi dal regime criminale islamico questa mattina all’alba proprio nel momento della preghiera. Un’esecuzione anomala fatta oggi, venerdì il giorno sacro dei musulmani, giorno appunto di preghiera che solo per questo dovrebbe essere condannato dalla comunità islamica internazionale.

L’accusa dei tre giovani è la solita messa da tempo in campo dal regime ogni qualvolta si voglia uccidere un essere umano senza una vera e propria motivazione: la ‘guerra contro Dio’ – “moharebeh” – unita all’accusa di possesso di armi durante le proteste nella città di Isfahan. Senza prove sono stati anche accusati di aver ucciso tre militari iraniani di cui due basiji. La vicenda per questo è stata soprannominata (Khane-ye Isfahan), la casa di Isfahan. A nulla sono valsi gli appelli da parte dei famigliari che si erano radunati davanti al carcere per chiedere lo stop delle esecuzioni, ma anche da parte di tutta la comunità internazionale che ha lanciato attraverso i social l’appello scritto su un foglietto proprio dai tre ragazzi che chiedevano aiuto affinché non venissero giustiziati.

Secondo un rapporto di Iran Human Rights la Repubblica Islamica dell’Iran negli ultimi dieci giorni ha giustiziato una persona ogni sei ore e circa 42 persone, poco più della metà delle quali appartenevano alla minoranza etnica beluci, sono state giustiziate dalle autorità iraniane nelle ultime settimane.

In questi mesi dall’inizio delle proteste iniziate a settembre 2022 la Repubblica Islamica ha continuato ad arrestare, torturare ed uccidere chiunque abbia osato criticare il regime. Qualche settimana fa, altri due uomini Sadrollah Fazeli Zarei e Youssef Mehrdad, sono stati impiccati con l’accusa di ‘blasfemia’, ovvero di aver insultato il profeta Maometto e bruciato il Corano.

Nonostante il silenzio internazionale dei media quest’anno è il Salone del libro di Torino a dare visibilità all’Iran e alle tematiche urgenti da risolvere. Nella giornata di giovedì 18 maggio, giorno di inaugurazione è stata intitolata la piazza dei “Diritti Umani e Civili” a Mahsa Amini, simbolo delle proteste contro l’oppressione femminile in Iran. “Una donna coraggiosa – si legge sulla pagina facebook del consigliere regionale Gianluca Gavazza – la cui memoria vuole essere onorata, come testimone della lotta per vedere riconosciuti e rispettati i propri diritti fondamentali. Una dedica che non vuole essere però fine a sé stessa. Essa interroga le coscienze di cittadini e istituzioni, affinché un gesto come quello di Mahsa Amini non rimanga l’azione eroica del singolo ma mobiliti la collettività a difesa dei diritti e delle libertà essenziali di ogni individuo”.

E non finisce qui, perché un altro importante evento è in programma al Salone per domenica 21 maggio. Insieme alla professoressa Faezeh Mardani e al traduttore Francesco Occhetto, presenterò il libro di poesie della casa editrice Lindau Tutto il mio essere è un canto di Forugh Farrokhzād la più grande poetessa iraniana. Grazie alla traduzione di prezioso materiale inedito, questo volume, con testo persiano a fronte, raccoglie la più ampia selezione di scritti pubblicata finora in Italia e offre ai lettori pagine di bruciante e universale attualità. Un libro che è sempre più necessario alla luce degli ultimi avvenimenti in Iran e nel mondo.

Raccontare la figura di Forough, donna coraggiosa e contro ogni schema della società iraniana non può per me che essere motivo di orgoglio ed interesse su temi così pertinenti a ciò che sta accadendo oggi. La poetessa ebbe una vita tormentata seppur breve, in un Iran diverso da quello odierno, ma chiuso nei complicati schemi religiosi e culturali del suo tempo.

Farrokhzād da sempre è simbolo dell’emancipazione femminile che attraverso i suoi versi ha raccontato la forza, la paura e il desiderio di libertà. Gli stessi sentimenti che a distanza di 50 anni ancora pervadono le donne iraniane. E chissà se l’indescrivibile coraggio da lei manifestato abbiano ispirato le nuove generazioni rendendola pioniera di quella rivoluzione femminile ancora in atto che oggi chiamiamo Donna Vita Libertà.

Tutto il mio essere è un canto non è solo un libro di poesie autobiografiche ma è l’auspicio al mondo intero affinché l’Iran possa liberarsi al più presto dalle catene in cui si trova da troppo tempo. Vi aspetto dunque a Torino domenica 21 maggio alle ore 15 nella Sala della Poesia, nel padiglione OVAL.

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